direzione didattica

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Un pour parler sulla scuola, ispirato principalmente da 2 spunti. L’aver rintracciato con piacere su Facebook la figlia della mia maestra, una delle figure di riferimento più importanti della mia vita (e qui ahimé non possono mettere alcun link di approfondimento), e il post di Leonardo Tondelli presente qui, che ha come argomento Internet, cyborg e lavagne interattive. In più, una spruzzata di un articolo di Giuseppe Graneri su l’Espresso online, che ho già ripreso in un post precedente.

Noi, in classe, – sto parlando delle elementari – avevamo due cervelloni. Uno si chiamava Enciclopedia, che rispetto a Internet aveva il limite di diventare obsoleto rapidamente, anche se prima della scienza dell’informazione tutto era più lento. Ci si metteva più tempo a cercare le informazioni, a trovarle e a interpretarle per arrivare a identificare la vera risposta che si cercava. Si sapeva, o perlomeno si supponeva di sapere chi aveva scritto quella risposta: voglio dire, l’autorevolezza di una redazione preposta alla stesura di un’enciclopedia era fuori discussione. Questo non significa che l’intelligenza collettiva cui fa riferimento Leonardo sia meno autorevole. Diciamo che è meno controllabile, che se anche l’intelligenza collettiva di Internet è in grado di smentire se stessa, lo può fare smentendo la smentita all’infinito. La fonte Treccani, voglio dire, aveva in sé la purezza di essere una fonte vergine da commenti. Dice Graneri: “stiamo vivendo una transizione importante: non ci interessa più “possedere” un’informazione, ma piuttosto ci interessa sapere dove cercarla quando ci serve“. Internet è uno strumento che ci consente di accelerare questo processo di ricerca, e ha sostituito l’andare in biblioteca, sfruttarne il reference, definire il percorso per organizzare le informazioni. Ora basta una domanda, addirittura non esiste più nemmeno il linguaggio macchina per interloquire con il cervello artificiale. Non so quantificare la percentuale di intelligenza che Google sottrae all’essere umano, sostituendosi in questa fase, che nella scuola che ho frequentato io era comunque costitutiva dell’apprendimento e della valutazione cui eravamo sottoposti.

Il secondo cervellone che avevamo a disposizione era la maestra stessa. A volte sapeva rispondere subito alle nostre domande. A volte ci guidava nella risposta. Altre, in quanto essere umano, pur di intelligenza e cultura superiore, ci rispondeva il giorno successivo, dopo essersi documentata. Un processo più lento, certo, ma pensate a quanta umanità c’era in tutto questo. L’umanità di saper filtrare le informazioni e restituirle nel modo più adatto a bambini di meno di 10 anni. Di saperle raccontare. Perché la risposta al nozionismo è una funzione facilmente evasa da Google. Quanto è alto il Monte Bianco? Qual è la capitale dell’Islanda? La maestra, almeno la mia, era un mix tra una super-mamma e Google. Dove Google è lo strumento, l’Enciclopedia, e la super-mamma è quella che trova la sintesi più adatta a te. Scremare le risposte, ripulire la verità dalla pubblicità, smascherare il ranking a pagamento dall’algoritmo genuino che riporta l’informazione più utile. Oltre a dare i cioccolatini come premio per aver risolto il problema difficile.

Ora le complessità sono decuplicate. La scuola di 40 anni fa renderebbe inutile un qualsiasi quantum leap (nel senso del telefilm), il maestro unico di allora non sopravviverebbe alla babele psicopedagogica del presente. Quindi che questo post sia solo un piccolo romantico omaggio al mio motore di ricerca intelligente di allora, il cui nome è Iside (non sarebbe male però come nome di un motore di ricerca, vero? Chissà se è già occupato il dominio www.iside.it).

p.s. che differenza c’è tra una lavagna multimediale e un pc collegato ad uno schermo grande o a un proiettore?

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