in miniera (d’oro)

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Mi piacerebbe tanto aprire un locale bar tavola calda e fredda, che chiamerei con il nome di un metallo prezioso. Sceglierei una location in centro, possibilmente vicino alla sede degli stilisti più in voga, magari alcuni di loro potrebbero entrare in società con me. Ho già in mente l’arredamento, tutto luccicante come i metalli preziosi e tessuto nero, per dare maggiore risalto allo sfarzo e mettere i miei clienti a proprio agio. Già, i clienti, uomini d’affari ospiti dei loro fornitori, qualche turista che non ha resistito alla forza centripeta della capitale della moda, modelle e modelli in un breve momento di relax tra una passerella e un casting. Vorrei diventare il proprietario di un locale e chiamarlo come un metallo prezioso, per essere al centro del centro. Eccoli, gli avventori, seduti a gruppi misti, femmine rifatte e maschi stretti in Rolex e camicie slim fit, il più ricco di tutti ha il gel che brilla sulla fronte sudaticcia e regge una bottiglia di champagne in mano, con il pollice conficcato sul fondo concavo, a dispensare bollicine, ebbrezza e refrigerio ai commensali. E camerieri belli e discreti, pronti ad asciugare la goccia o togliere di mezzo i piatti inutili. O a scacciare i piccioni, curiosi quanto sfrontati, che cercano ristoro tra le piante del dehor. Dall’interno del locale, al riparo dal mondo grazie ai vetri fumé e all’aria condizionata, magari seduto su uno sgabello tutto d’oro, oltre a contare i rotoloni di dollari guadagnati e messi al riparo in fretta e in furia in cassa, mi godrei lo spettacolo degli impiegati che passando leccano il gelato e si specchiano nello sfarzo, creando fotomontaggi viventi tra loro stessi, un po’ del loro futuro e quanto starebbero bene nel mio jet set dorato.

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