l’acqua alla gola

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È la traduzione più o meno letterale dell’inglese “Dire Straits”, e mi serve solo a introdurre il senso di piacevolezza derivato dall’ascolto di “Making movies”, on air sul mio impianto stereo poco fa. Un gruppo, quello dei fratelli Knopfler, che non mi sono mai minimamente filato ai tempi, orbo e intollerante nei miei stereotipi culturali e pregno di estetica post-punk tanto da snobbare una musica così mainstream. Ma quel pugno di brani che probabilmente ascoltavo di nascosto da me stesso perché ricordo perfettamente, mi riferisco alle prime tre tracce del lato A che, oggettivamente un po’ di storia della musica l’hanno fatta, finalmente dopo il conseguimento della maggiore età (i cosiddetti -anta) e dell’abbattimento delle barriere dell’ignoranza, oggi mi rizzano i peli sulle braccia per l’emozione. Un sintomo della vecchiaia, lo so, quello di commuoversi per cose un tempo impensabili, se non derise. Ma è così, ed è una fortuna che i gusti, con gli anni, possano cambiare.

4 pensieri su “l’acqua alla gola

  1. I Dire Straits mi fanno girare le scatole per un solo motivo: puoi essere capace di qualsiasi cosa sulla chitarra (e io non lo sono, per carità) e nessuno ti si fila, ma se esegui le triadi della parte finale di “Sultan of swing” ti guardano come se fossi un dio in terra. Mi scoccia un po’.

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