nuggets e acqua naturale

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Chissà se i giovani rampolli dell’establishment anarco-insurrezionalista crescono terrorizzati dall’incubo McDonald’s come i nostri figli, così quando arriva un invito alla festa di compleanno di un compagno di classe vanno nel panico. “Mia mamma non mi porta mai al McDonald’s”, dice uno, “mi ha detto che si mangia troppo salato”. “I miei genitori mi hanno fatto vedere un film in cui un signore a furia di mangiare hamburger diventava grassissimo e rischiava di morire”. Allora è bene spiegargli che non è gentile rifiutare l’invito di un bambino con cui dovrai trascorrere ancora tre anni di elementari, adducendo come scusa “mi dispiace, non posso venire perché papà e mamma sono black bloc e anche un po’ no global”. Ma i primi a convincersene sono i genitori, che a vicenda si promettono di trattenersi dallo spaccare le vetrine accompagnando i propri piccoli. Così si cerca in qualche modo di equilibrare il messaggio per la famiglia del festeggiato con un regalo equo e solidale, un cencio ricamato per la causa del fair trade da bimbi nepalesi, che una volta sfasciato (nel senso di estratto dalla carta regalo) sarà riposto nel mucchio tra Barbie e altre icone del capitalismo su un altare nel tempio del food entertainment.  Ma no, spiegano i padri e le madri indignati, non succede nulla a mangiare qualche volta lì, non c’è un virus ogm che ti si infila dentro e ti fa venire voglia di consumare tutti i soldi che hai nel cibo del peccato. Qualche volta si può fare, basta aver sempre presente sempre di cosa si tratta. E dopo un’ora e mezza di giochi sotto la direzione creativa dell’animatrice a progetto di turno, i rampolli tornano nel c.s.o.a., in mano un regalino di rimando con il brand in bella vista che il festeggiato e il suo sponsor hanno donato in segno di ringraziamento a ogni invitato. L’ultimo trofeo che ricordo è una specie di radioregistratore di quelli di una volta in miniaturissima, un blocchetto di plasticaccia blu che gli infili dentro una schedina con la foto di un belloccio ingellato da total request live che fa partire, con un audio pessimo, pochi secondi di r’n’b per adolescenti, tipo quel Justin Bebier o come diavolo si chiama. Una vera maledizione ma che, purtroppo, non si riesce a far sparire dalla cameretta.

E chissà quale sarà il gadget di oggi,  penso mentre parcheggio, anche i posti auto sono marchiati. “Papà, ho paura di stare male dopo che  ho mangiato i nuggets”, mi dice mia figlia. “E se poi divento come quello di Supersize me”? Entriamo, cerco di non vedere le facce delle persone sedute e spero che non guardino noi. In fretta ci addentriamo nella stanzetta riservata, i saluti di rito, e subito l’addetta al divertimento iscrive mia figlia al programma della giornata. Il primo gioco è già iniziato, vedo due squadre con delle palline rosse in mano, una contro l’altra divise da una riga di sedie. “Ci vediamo dopo”, le dico, ma nemmeno mi sente, tocca già a lei lanciare la pallina.

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