una volta eravamo guerrieri

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– Non c’è tempo, non c’è più tempo. Hai capito una buona volta? Non ho tempo.
La madre è al tracollo, la situazione è tesa. Il figlio sta rassettando la tavola, c’è puzza di fritto, la porta sul balcone spalancata per lasciare defluire l’aria ma è novembre e fa un freddo cane. Su Raiuno c’è la pubblicità di una berlina di lusso, al volante siete un uomo, un vincente, sullo sfondo una scogliera, sicuramente è un pezzo di oceano quello che si vede sotto.
– Non posso più farti da madre, hai capito? Ho ottant’anni e tu ne hai cinquanta. Non posso fare la mamma, sono troppo vecchia, dovrei essere già nonna, dovrei essere lasciata in pace. Non posso risolvere i tuoi problemi come quando mi chiamavano i tuoi professori a scuola. Non posso, lo capisci almeno questo? Voglio tirare i remi in barca.
C’è un altro televisore acceso, il marito è di là sul divano, ciuccia liquirizia con quello che gli rimane dei denti e segue un programma dedicato alle sagre locali. Funghi, castagne, prodotti di stagione. La guerra si combatte in cucina, di qua ci sono già le macerie. Ora la lavastoviglie è colma è può essere avviata, il figlio scrolla la tovaglia come ultima cosa fuori, le briciole cadono nel cortile. Poi soffia il filtro della caffettiera come fosse una cerbottana per eliminare la carica usata, come da bambino sparava le palline di stucco nelle interminabili battaglie all’oratorio, e fa centro nel sacco dell’umido anche questa sera.
– Vi preparo il caffè?

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