complicità e complicazione hanno la stessa radice?

Standard

Leggo in un romanzo un passaggio riguardo ai figli che trovano in un modo o nell’altro la via per contrapporsi ai genitori, se non di ribellarsi, il che costituisce una fase inevitabile della crescita. Per me e per molti della mia generazione e di quelle contigue è stato fin troppo facile trovare i punti di rottura anche solo provvisori, che poi alcune ferite oggettivamente irragionevoli si sanano altre, giustamente, hanno conseguenze e restano come monito, le cosiddette cicatrici, o nel peggiore dei casi si infettano purulente dando luogo a secrezioni che ti inondano la casa, dio che schifo, tanto che poi fai prima a dartela a gambe che a gettarti in quel magma per mettere in salvo gli altri. Ma ora è diverso, no? Se metti a disposizione di un figlio una opzione e il contrario della stessa rendendo plausibile cioé anche la versione alternativa alla via corretta, lo so sto parlando troppo genericamente ma preferirei non entrare nei dettagli. Se gli/le dimostri che ci sono due possibilità entrambe accettate e riconosciute dal diritto naturale della microsocietà famigliare cui appartiene, e si tratta di un bipolarismo in grado di coprire l’intera gamma dei comportamenti dal più tradizionale al più scavezzacollo, e mettiamo che il figlio capisce che di là ci sono solo alleati e che nessuno è nemico, perché un nemico non ti offre una via di fuga. Ecco, poi uno/a cresce e a cosa si ribella? Posso considerarmi tutelato? La mancanza di scontro può essere deleteria? C’è un dottore in sala?

4 pensieri su “complicità e complicazione hanno la stessa radice?

  1. tinapica

    penso che la mancanza di scontro sia deleteria.
    c’è un’età, ci si augura da genitore non troppo precoce, in cui i figli hanno necessità di affermare la propria personalità e dunque il primo soggetto da cui differenziarsi è il genitore proprio perchè con lui c’è stata l’identificazione più grande. La mia speranza è che dopo aver sperimentato l’ebrezza dell’individualità, si ritrovino i punti di comunione anzi ora con la consapevolezza di averlo scelto.

  2. alongcamepolly

    Condivido il post e la risposta. Lo scontro è necessario anche se inizialmente doloroso.

    Leggevo recentemente un libro di Massimo Recalcati “Quel che resta del padre”… non di semplice lettura, ma che mi ha offerto spunti interessanti. Ricordo una citazione di Sartre…

    “Sartre diceva che se i genitori hanno dei progetti per i loro figli, i figli avranno dei destini quasi mai felici. La giovinezza dovrebbe essere l’epoca del fallimento, o diciamo il tempo in cui il fallimento è consentito. Non c’è formazione senza fallimento”.

    Per farla breve Recalcati sostiene che per oltrepassare il padre, bisogna riconoscere il debito che abbiamo con lui”. Questo perchè per la psicoanalisi l’odio non libera. Ma vincola. Lascia incatenati alla persona o alla cosa odiata, per l’eternità”.

    Oddio scusate vaneggio… ma il discorso è complesso… boh offro solo spunti….

  3. D’accordissimo con alongcamepolly e con Sartre.

    Dialettica va bene, basta che non diventi odio. Purtroppo le ferite di uno possono portare a un muro con l’altro e la rabbia passa di generazione in generazione. Io spero di interrompere questa catena.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.