se l’è portate via

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Le festività natalizie si fa presto a farle e disfarle, finiscono senza che uno abbia tempo di posizionare i Re Magi davanti al bambinello in maniera credibile, figuriamoci se le tre autorità straniere riescono a consegnare i loro presenti e a godersi un po’ di ospitalità nella capanna. In quattro e quattr’otto spariscono fasciati nelle pagine di un quotidiano, chiusi nella scatola da dove vengono estratti ogni anno insieme ai protagonisti e alle comparse di questa sceneggiatura che si ripete uguale e si mette in scena solo perché c’è una bambina che si diverte a organizzare il gioco delle parti, allo stesso modo con cui si inventa momenti di vita quotidiana con quel simulacro di umanità che sono i Playmobil e tutti i loro accessori da tedeschi. Per non parlare dell’albero sintetico e relativi addobbi. Il kit per la tradizione casalinga, finché resistono il fascino e la magia dei corrieri soprannaturali e delle consegne puntuali senza tracking online, torna giù in cantina, tanto è questione di una cinquantina di settimane che è già il tempo di riallestire il tutto. E al momento di archiviare il Natale ho sempre paura che mia figlia possa rattristarsi, il ritorno alla vita normale fatta di scuola e sport e compiti può costituire uno shock. Ma si tratta di un timore infondato. Lei non ha fatto una piega. Io invece mi guardo intorno e noto quegli spazi vuoti, il piano della libreria usato come location del flash mob sulla natività ospita di nuovo libri e la gallina salvadanaio, al posto dell’abete in plastica c’è la mia poltroncina anni 50. Ed è facile scoprire l’identità dell’unico sensibilone che, ai titoli di coda, si lascia cogliere dalla malinconia.

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