handle with care

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Dovresti indossare i guanti per lavare i piatti, mi suggerisce mia suocera dall’alto dei suoi ottantadue anni di esperienza, guarda me come ho conservato bene la pelle. Ma i guanti non so nemmeno dove siano, a casa abbiamo l’abitudine di ammucchiare tutto in lavastoviglie e poi quando è colma avviare il lavaggio, raramente approcciamo quel lavoro domestico manualmente e le poche volte in cui accade è più il tempo perso a ricordarsi dove abbiamo lasciato i guanti la volta precedente che a terminare il compito. Si tratta però probabilmente di un comportamento dettato dall’inconscio, perché pur riconoscendone il valore protettivo, la sensazione che mi restituiscono è sgradevole. A parte il fastidio per la vestibilità in sé come tutti i capi di abbigliamento e gli accessori che stanno attillati. Su di me hanno un effetto di soffocamento, probabilmente la chiusura dei i pori è una asfissia in potenza che la mia irrazionalità trasferisce alla bocca, come se qualcuno me la tappasse con il nastro adesivo. Non vi dico quando nel camerino del Decathlon ho provato la calzamaglia da corsa invernale, avete presente vero quella tuta da Superpippo nera che va di moda. Sono riuscito a indossarla per pochi secondi, stavo per soffocare e chiedere aiuto agli inservienti.

Ma, tornando ai guanti di gomma, il disagio che mi inducono deriva dal fatto che mantengono parte della sensibilità della pelle inalterata. Si percepiscono i fluidi, l’acqua e il detersivo, senza bagnarsi, la temperatura stessa dei materiali, la superficie al tatto che aumenta l’attrito con gli oggetti per evitare di combinare disastri con il vetro. Si utilizzano le mani senza sporcarsele. La gomma è una protesi del nostro agire, una guaina di distacco dall’esterno, uno strumento di precisione per rimanere illesi sull’orlo del distacco. Ora immaginate una pellicola così per i rapporti interpersonali, utilizzare un commutatore di percezioni, un addizionatore di ambiguità per i propri sentimenti in uscita che allo stesso tempo funziona come un gigantesco preservativo anti-coinvolgimento emotivo in entrata. Toccare senza il tatto, parlare senza contagiare il prossimo con le nostre passioni virali, ascoltare con un filtro che smorza le frequenze basse, quelle che vengono dalla pancia altrui, respirare in un costante ambiente asettico, osservare senza inumidirsi mai gli occhi. La contraddizione consiste nel sentire esattamente quello che c’è fuori senza assimilare nulla. Trattare il mondo con i guanti aiuta a preservare la pelle ma trasferisce una sensazione di viscido, me lo ha detto un bicchiere prima di gettarsi a capofitto nel lavandino.

6 pensieri su “handle with care

  1. i guanti gialli fanno di me un grande invalido, anche perché sono della misura di mia moglie e una volta terminata la vestizione sono già stremato.

  2. Io i guanti non li metto mai, manco d’inverno quando fa freddo freddo, manco se dovessi lavare i piatti per un reggimento, preferisco avere le mani spaccate e lo smalto scrostato, ecco 🙂

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