il mestiere di tua madre

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Anna ha diciott’anni e si sente tanto sola, in realtà ne ha di più di anni ma si sente sola lo stesso perché è vittima fresca di giornata degli insulti di un energumene di cui non immaginava l’esistenza fino a stamane quando lo spazio intorno a quello immeritatamente occupato dall’omaccione si è ristretto a causa dell’overbooking di un treno locale. Ma l’omaccione non ha ridotto di un millesimo di millimetro la propria porzione di cubatura e nemmeno si è spostato, attirando le ire di Anna che faceva di tutto per non perdere la prima ora di lezione al Politecnico.

Anna ha fatto notare a quell’ammasso di muscoli che gli sarebbe stato sufficiente spostarsi di un passo per consentire ad altri di salire a bordo, lo ha fatto notare gentilmente, poi ha calcato sulla necessità dell’esercizio del buon senso per permettere a tutti di prendere il treno, poi ha infilato nella preghiera qualche parolaccia, un’escalation determinata dalla scarsa propensione della bestia antropomorfa a lasciar spazio a terzi. Allora Anna si è visibilmente scaldata, e alla preghiera e a qualche parolaccia ha aggiunto un solenne vaffanculo che è stato scorto come un palloncino pieno d’acqua passare sopra le teste delle decine e decine di passeggeri pressati che separavano lei, aggrappata ai sostegni ma ancora con i piedi fuori dalla vettura, dal voluminoso destinatario all’altro lato del vagone, fino a schiantarsi sulla faccia incredula sovrastante quel groviglio semovente di carne dopata.

Il quale, nella palese impossibilità di un confronto vis-a-vis, l’ha insultata dandole della zoccola, mimando il gesto della circonduzione del polso con borsetta che la semiotica popolare associa all’attività di soddisfazione di piaceri sessuali a pagamento, con l’aggiunta di allusioni verbali sul tipo di prestazione in superfluo spirito didascalico. Che un uomo dotato di cervello e volontà possa utilizzare quel tipo di insulti completamente decontestualizzati come arma di offesa avvalendosi della sua prestanza fisica e della soggezione che genera negli altri è inconcepibile, a un vaffanculo si risponde con un vaffanculo e non dicendo tu sei una puttana torna al posto di lavoro ammesso che qualcuno voglia pagarti.

Le porte del convoglio si sono chiuse e Anna si è seduta a piangere accanto a una signora ucraina che non capiva il motivo dello sconforto, chissà come si insulta una ragazza nella sua lingua, chissà se a Kiev o nei sobborghi limitrofi qualcuno avrebbe reagito lanciando l’inutile zavorra vivente – e relativa capacità di apporto costruttivo alla crescita del genere umano – giù dal treno in corsa per abbandonarla al destino che si merita. Purtroppo non ho assistito alla scena, questo aneddoto mi è stato raccontato, se fossi stato lì sicuramente gliela avrei fatta vedere io.

3 pensieri su “il mestiere di tua madre

  1. È imbarazzante la penuria di uomini in circolazione, perché è fuor di dubbio che se ce ne fosse stato almeno uno l’omaccione avrebbe mangiato brodino per qualche giorno.

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