cantargliene quattro, anzi quarantamila

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La vendetta corale della società democratica e civile nei confronti di Anders Breivik, il folle integralista autore della strage di Utoya, è una forma geniale di rappresaglia, perché è allo stesso tempo bizzarra, demenziale, infantile e titanica. Decine di migliaia di persone che gli recano fastidio a suon di decibel, una forma di violenza da Blues Brothers, mi verrebbe da dire, come lanciarsi il cibo in bocca a distanza per far inorridire il tavolo vicino. Qui ci si vuole prender gioco con una canzone che ha un significato di pace e di uguaglianza, ed è una moltitudine inimmaginabile che annienta un individuo con l’arma più diversa che c’è rispetto a quella con cui l’individuo ha annientato una moltitudine. È l’evoluzione della risata che vi seppellirà, ed è il mio sogno di rivalsa da sempre. Raccogliere altrettanta gente, anzi di più, e andare tutti insieme nei posti in cui c’è bisogno, nei luoghi in cui si combatte, dove regna l’ingiustizia, dove è palese l’intolleranza, e mettersi a cantare a squarciagola le parole che più possono mettere a disagio e vedere poi l’effetto che fa. E, chissà perché (ma lo so il perché) se dovessi scegliere una canzone da cantare insieme a un milione di persone contemporaneamente per causare un po’ di mal di testa da queste parti, non ho nessun dubbio su quale sceglierei.

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