cronache del secolo scorso

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Il corteo passava proprio sotto la finestra della camera dei miei genitori, la via sottostante era sempre compresa nel percorso delle manifestazioni e delle processioni perché anche se non era una delle due principali consentiva di compiere tragitti ad anello nel centro della città. Insieme a quello del 25 aprile, agli scioperi e alla processione del venerdì santo, il corteo del primo maggio era quello con maggiore partecipazione, tanto che non sembrava un evento adatto ai bambini, meglio guardarlo dall’alto, in piedi su una sedia con i gomiti su un cuscino, gli scuri delle persiane sollevati quanto basta per fare attenzione a non volar di sotto. Troppa ressa in anni a elevata complessità: le bombe, gli scontri, l’autonomia e il servizio d’ordine del PCI. I fascisti. In prima linea il Sindaco e i rappresentanti delle istituzioni. La banda e gli inni della giornata. I partiti, da quelli più importanti ai gruppuscoli dell’estrema sinistra parlamentare. Poi i sindacati. Quindi studenti, associazioni extraparlamentari, autonomi. Da questa parte del corteo si sentivano i canti più naif, e dall’alto – dal quinto piano – si percepiva il mash up tra l’Internazionale, l’inno di Mameli, Bandiera rossa e gli slogan contro Almirante. Subito dopo ecco Lotta Comunista e i suoi striscioni sull’internazionalismo. Chiudevano i più attesi, i portuali con i loro mezzi di lavoro avvolti nelle bandiere rosse, le sirene e le trombe da nave. Un serpentone di folla che ci metteva almeno un’ora a transitare lì sotto, dalla testa alla coda. Passati anche i mezzi delle forze pubbliche lo spettacolo era finito, un ultimo sguardo al mare in fondo alla strada, le nuvole nel cielo azzurro e la bella giornata, l’aria di primavera, i passanti che si accodavano ai manifestanti e quelli, pochi, che prendevano la direzione opposta, una volta sgombra la via.

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