bambini ora facciamo geografia, oggi studieremo usando le cartine, quelle lunghe

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Amici lettori, se siete genitori di figli promossi in terza asilo nido e avete in mano l’ammissione dei vostri pargoli alla prima scuola primaria per l’infanzia sappiate che da settembre, dal primo giorno in cui varcherete la soglia del nuovo edificio scolastico le cose cambieranno. Io ci sono passato tempo fa, ormai mia figlia è grande e va in quarta elementare, ma ai tempi non avevo ancora un blog e se l’avessi avuto vi avrei tramandato questa perla di esperienza sul campo di padre.

Perché sappiate che se siete abituati a essere coccolati dalle educatrici che all’ingresso accolgono voi e il vostro bambino/a duenne con il sorriso sulle labbra e quando a metà pomeriggio andate a recuperarli vi ragguagliano sulla pappa e la pipì e la pupù e che cosa hanno fatto e cosa hanno detto e a cosa hanno giocato senza lesinare in particolari, l’impatto con la scuola materna potrebbe non essere dei più semplici. E non corrucciatevi, non è che durante l’estate è successo qualcosa al vostro bimbo che da tenera creatura al centro dell’universo vostro e del resto dell’universo stesso si è trasformato in un iscritto come tanti altri e non è più l’unico essere in vicinanza del quale tutti possono godere della luce riflessa che i suoi occhioni e le sue fossette emanano. Non c’è nulla che ha reso trasparente lui/lei e, di conseguenza, ha reso voi una pratica da sbrigare necessariamente affinché sia decretata la fine di una giornata lavorativa. Purtroppo il progetto educativo cambia ed è diverso il rapporto personale-bambini, le maestre hanno molte più cose da tenere sotto controllo e anche la gestione stessa, con bimbi più grandi, aumenta di complessità. Nessuno ti aggiorna più sui minimi progressi di tuo figlio/a ed è il genitore che dev’essere proattivo nella richiesta di dettagli alle insegnanti, quindi bisogna mettersi in fila e aspettare il proprio turno o chiedere un ricevimento come nella scuola dei bambini grandi.

E poi una volta entrati nella scuola materna, che è il primo livello della scuola a tutti gli effetti, bisogna informarsi perché non è più come al nido che le educatrici ti avvisano che il tal giorno c’è questo o il tal altro bisogna portare il materiale per quell’attività. Per non parlare del fatto che alla scuola primaria per l’infanzia le insegnanti aderiscono agli scioperi e partecipano alle attività sindacali, mentre presso gli asili nidi, quasi tutti esternalizzati a cooperative più o meno specializzate, vige la normativa del lavoro privato e relativi contratti farlocchi, a progetto da settembre a giugno e poi tutti nei villaggi turistici a insegnare balli di gruppo.

E ho capito molto sulla vera differenza tra le due tipologie di docenti, quelle del nido e quelle in forza alla scuola materna (in entrambi i casi sono al 100% di sesso femminile, e mi sfugge il perché dato che se avessi la possibilità di lavorare in una scuola o nell’altra andrei già domattina) nell’episodio che vado a raccontarvi. Mettetevi comodi. A una festicciola ufficiale di fine anno scolastico una delle maestre della scuola materna frequentata da mia figlia si è presentata accompagnata dal marito, il quale indossava una maglietta con un inequivocabile disegno stampato sopra di una foglia di cannabis. Ora non voglio essere ipocrita, nel senso che da sempre ritengo questo tipo di abitudini nemmeno degne di essere disquisite, uno può fare quel che vuole, sfido a trovare uno che non abbia mai provato a farsi una canna in vita sua e se trovate chi non l’ha mai fatto abbiatelo in sospetto. Cioè stiamo parlando di un vegetale che quando lo fumi ti dà effetti che vanno dalla stupidera all’inebetimento.

Semmai uno potrebbe farne una questione di stile, voglio dire una maglietta del genere è un po’ da tamarro e nemmeno le forze dell’ordine quando si vestono in borghese per passare inosservate e arrestare sedicenni con un’unghia di fumo in tasca la indossano più. Ma anche se fossi un acceso sostenitore dei poteri lenitivi della canapa indiana in ambito medico, e se fossi il marito di un’insegnante di una scuola materna, e se in quanto tale dovessi accompagnare mia moglie a una festa dove ci saranno i genitori degli alunni di mia moglie, non credo che metterei una maglietta così. A quarant’anni e con miei coetanei che sono lì per conoscere meglio la persona che ogni giorno si prende cura dei propri figli. Le presento mio marito. Piacere, ah anche a me piace farmi un tiro di free joint bambulè di tanto in tanto. Ma lei se la fa arrivare dall’Albania o la coltiva in casa? No guardi, la prendo da un rivenditore di Amsterdam su Internet, anzi se vuole domattina le mando un po’ di semi, li metto nella sacca di mia figlia insieme alla calze antiscivolo.

Ecco, sicuramente si tratta di un caso, magari il marito della maestra d’asilo in questione era di ritorno dal cantiere e non ha fatto in tempo a cambiarsi, ma sono certo che le educatrici del nido, sarà che hanno un datore di lavoro differente, sarà che non hanno nessun diritto e nessun sindacato che le difende, non si permetterebbero mai un abbigliamento così. E laddove si è liberi di fare quel che cazzo ci pare interviene in soccorso il buon senso. Apro ufficialmente il dibattito.

3 pensieri su “bambini ora facciamo geografia, oggi studieremo usando le cartine, quelle lunghe

  1. Dunque dunque. Quanto spazio ho? Vabbè, mi contengo. Il passaggio nido/materna la mia pupa l’ha fatto due anni fa. Un trauma. Per me, ovviamente. L’asilo del mio paese è comunale e le maestre godono dei diritti e doveri delle pubbliche dipendenti. Ma non pensate male per questo, erano splendide. La materna è statale. Il mio trauma è stato amplificato dalle maestre, quasi ottuagenarie, che gocciolavano sudore e parcheggiavano i bambini davanti alla TV, a scapito della didattica, e non si preoccupavano poi troppo della allergie alimentari… Ma la faccio breve: dopo lunghe battaglie ho cambiato scuola (2 sole ce ne sono): un paradiso. Farei un monumento alla bravura di queste due splendide maestre, sempre statali. Quindi: maglietta con cannabis? Si, la eviterei, non fa bella impressione, ma se la maestra è una buona maestra le si perdona di aver sposato un gonzo.

  2. Se tra i dipendenti pubblici si facesse strada l’idea che quello che viene comunemente definito utente è a tutti gli effetti un cliente, e un cliente che ha prepagato un servizio ci sarebbe più attenzione, oltre alla sostanza che spesso è scadente, alla forma.

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