prosa scolastica

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“Quando siamo di partenza per una gita, mio papà ci vuole tutti in piedi e pronti alle sette e trenta del mattino. Lui però si alza alle nove”. La maestra è rimasta colpita dall’incipit del tema, il racconto di una giornata dedicata a un viaggio o a un’escursione. Questo è il modo giusto di cominciare lo svolgimento, ha detto a tutta la classe. Proprio un bell’inizio, bravo. Perché è importante osservare attentamente la storia nel suo insieme che è una matassa di fili, concentrarsi e tirare su quello che meglio degli altri consente non di sbrogliare tutti i nodi, altrimenti si risolverebbe subito il senso della storia, ma di far venire la voglia di cercarli a uno a uno. Sarà il bandolo migliore e starà a voi trovarlo. E, forte di quell’apprezzamento, ha pensato e ripensato a quel modo di organizzare l’esposizione di una trama per tutta una vita e a quella fortuna di pescare il punto giusto, quello che una volta isolato fa scorrere tutto il resto in quel modo naturale che si trova solo nei libri, almeno quelli migliori. Ma non è mai più arrivato a una conclusione così naturale dell’annoso problema di chi ama scrivere, tanto che di quel lontano compito in classe che ha alimentato per la prima volta una serie di insostenibili velleità narratorie pensa da sempre che probabilmente si sia trattato di una botta di culo, quella che consente di giungere al compimento di un best seller e che capita una volta nella vita. Ad alcuni in tempi utili per costruire una carriera, ad altri in quinta elementare.

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