una marcia in più

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A me il fascismo mi ha sempre messo paura. Anzi, se devo dirla tutta, è da quando sono bambino che è una delle cose che mi fa più paura di tutte. Persino più di certe malattie, della sventura, dei terremoti e della morte stessa. Sarà che vedere le bandiere e le spillette con i teschi mi dava l’impressione che fossero morti viventi a indossarle e ad esserne seguaci. Anzi, più che il fascismo che comunque è una teoria in sé e che quindi letta o raccontata non fa paura più di tanto, sono cumuli di parole che lasciano il tempo che trovano perché tutte le cose in teoria sono sempre belle, giuste, funzionano, fanno arrivare i treni in orario e danno le pensioni agli anziani, sono proprio i fascisti che mi spaventano. Quelli pelati, quelli con i capelli ma con le magliette di cuore nero o di cose così, quelli un po’ sfigati che indossano la divisa della decima mas e però non gli puoi dire nulla perché sanno di essere sfigati e così girano con quelli pelati e quelli con le magliette di cuore nero. Quelli che si ritrovano a casa di pound e in altre associazioni simili, che fanno musica inascoltabile perché sono loro stessi in primis che rendono complicato il loro codice binario e difficili da ascoltare ed è per questo che poi menano, fanno le irruzioni violente nelle scuole, si mettono in parata con i caschi e i bastoni, perché pensano che nessuno al mondo abbia voglia di discuterne. Quelli che di tutti questi poi catalizzano voti, pensiero politico, energie e capacità evangelizzatrice, che una volta stavano nell’emme-esse-i o nei gruppi extra-parlamentari ma con la valigia pronta per scappare in Giappone o in sud-America, e che poi si sono dispersi, diluiti, hanno ottenuto incarichi pubblici e si sono lasciati persino corrompere dal potere, quello dei palazzi in cui si governa con gli affari. E quelli che vanno a Predappio alle commemorazioni come quella della marcia su Roma, o al cimitero a fine aprile a piangere su quelli che hanno perso la guerra, quelli che fanno il picchetto d’onore alla fiamma affinché non si spenga mai. E ancor prima dell’insanabile gap culturale tra tutto questo e i valori con cui sono stato educato, potete immaginare quali, c’è di base quella specie di rabbia che li rende pronti a colpire sempre per primi perché poi le cose si complicherebbero a giustificare, a chiarire, a spiegare e a motivare. Che è poi quell’odio preventivo verso le cose senza nemmeno conoscerle, il loro, perché almeno noi le abbiamo studiate, ed è come se cancellarle fosse la soluzione e il mondo fosse davvero tutto unicamente popolato da persone solo tutte uguali e tutte fasciste, c’è pure un motto celebre di una loro associazione che sintetizza questo pensiero che invece è abbastanza articolato. Ma è nel cercare l’attualità di un modello morto e sepolto, anzi, prima di essere sepolto addirittura appeso a testa in giù in una celebre piazza di Milano, nell’insistere in un sistema che se già era inadeguato allora figuriamoci oggi con tutte le complessità della società in cui abitiamo, è in tutto questo in cui poi la mia paura trova conforto, come quando ti svegli e pensi che l’incubo che hai appena avuto non si manifesterà mai nella realtà perché – giusto per fare un esempio – difficilmente l’asfalto ti ghermisce mentre una ruspa ha perso il controllo o cose simili. Così seguo il servizio sul tg dell’ennesimo raduno, sono più di mille dicono, penso all’imminente festa di Halloween in cui i ragazzini si vestono da zombie e altre mostruosità è penso che sì, in fondo non c’è tutta questa differenza, forse si tratta solo di un anticipo in cui anche lì il nero va per la maggiore, una buffonata in più a una festa di defunti cosa vuoi che sia.

2 pensieri su “una marcia in più

  1. Nella mia bella Emilia i lupi delle favole hanno lasciato il posto, da più o meno 70 anni, ai fascisti. Si cresce, quasi tutti, con il terrore “dell’uomo nero”, ma il lieto fine è sempre dietro l’angolo, perché il cacciatore/Partigiano (quelli con la P maiuscola) lo uccide sempre, il cattivo. Ma poi non ci dicono mica che qualcuno ne ha tenuto la pelle e la indossa per spaventare le nuove generazioni.

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