manie di protagonismo

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Dovevate vedere la sua faccia quando lei lo ha lusingato dicendogli una cosa così, che poteva sembrare una battuta. Ma per uno come lui, completamente privo del senso dell’humour o comunque facile a prendere sul serio qualunque conversazione, risultava una cosa talmente intima da mandarlo in tilt. Dell’ascendente che lei aveva su di lui ne ero certo, e risaliva alla volta in cui lui mi aveva fatto notare che scambiare quattro chiacchiere con lei durante i viaggi in treno era piacevole, malgrado fosse complicato distrarla dalle attenzioni degli altri pendolari di sesso maschile che si prestavano a catturare il suo interesse ma solo perché le si scorgevano quasi sempre le mutande, viste le micro gonne che usava indossare.

Dopo quell’episodio, che era davvero una manciata di anni prima, si era trovato poi per caso alla discussione della laurea di lei su non so che opera di Antonio Rosmini. E sottolineo per caso, perché poi le sue gonne si erano allungate, sapete com’è, la moda cambia e la vita di conseguenza. E se lui non l’aveva quasi più frequentata – cosa di cui sono certo perché con lui ho preparato quasi tutto il resto degli esami che ci separavano dal termine della nostra carriera accademica – era solo perché la considerava troppo bella per un rapporto duraturo. Una di quelle ragazze che poi a mantenerle con sé diventa molto impegnativo, soprattutto se sei un po’ possessivo e il patire la disponibilità altrui al dialogo con terzi, quando i terzi poi vorrebbero solo portarsi a letto gli altrui, spesso degenera in malattia tendente all’insanità totale. Meglio non iniziare nemmeno, mi ammoniva lui.

E dicevo dell’incontro in facoltà per caso. Lui era lì con me solo per consegnare una risma di appunti a qualche matricola, e si era trovato così nell’aula magna mentre lei – in un elegante tailleur con pantalone, questa volta – stringeva la mano al correlatore e suggellava con una lode il suo curriculum studiorum. Il tutto mentre il fotografo ufficiale della cerimonia immortalava, sullo sfondo di quel momento epocale, le espressioni abbagliate dal flash di tutti gli astanti comprese le nostre, nel senso di mie e di lui, impressioni di sorpresa. La mia del tutto irrilevante per questa trama, la sua invece talmente determinante tanto che lei gli chiese di posare in quel frangente in tutte le foto del servizio, anche quelle con mamma e papà. Aveva infatti frainteso il motivo della sua presenza, quella mattina, illudendosi – senza essere peraltro smentita, beninteso – che lui si trovasse lì solo per lei.

E manco a dirlo il cerchio si è chiuso ancora qualche anno più tardi. Io e lui avevamo messo su un duo di pianobar, io al piano e lui al bar e alla voce,  giusto per arrotondare in nero (nel senso della divisa ufficiale del duo, cosa credete) i guadagni delle nostre rispettive attività di giovani in attesa di occupazione. Accettavamo qualunque tipo di ingaggio, soprattutto i matrimoni dove era più facile ubriacarsi a scrocco degli sposi con gli invitati, che tanto in caso di deriva avrebbero tifato più per i musicisti che per la coppia “just married”.

E avete capito bene come va a finire questa storia. Quando marito e moglie hanno fatto il loro ingresso nella sala del ristorante, tutta agghindata di vegetali colorati e profumati che nemmeno al festival di Sanremo, in cui si sarebbe tenuto il banchetto nuziale per il quale il proprietario ci aveva assoldati. Sulle note di un adattamento per strumenti in playback di una delle due marce nuziali più conosciute, e conoscendone la difficoltà giurerei si trattasse di quella di Mendelssohn ma non è che me la cavassi bene nemmeno con quella di Mozart. Proprio lì, la novella sposa – questa volta in abito lungo – e la sua vecchia fiamma che in quel momento aveva una chitarra a tracolla si sono guardati con la sorpresa di chi è sopraffatto dall’ineluttabilità delle coincidenze. Ed è lei che è stata la prima a rompere il ghiaccio, dicendogli che si sentiva così strana nel sapere che lui avesse fatto di tutto per starle vicino anche in quel passo importante che è il matrimonio tanto da voler essere ingaggiato per la parte di balli e intrattenimento sonoro. Senza essere peraltro smentita una seconda volta, beninteso. Ma questo è stato sufficiente a far sì che lei gli chiedesse di farsi riprendere anche nelle foto ufficiali, quelle che si fanno prima coi genitori, poi con i parenti di entrambi eccetera eccetera.

Ed ecco perché lui si è sentito lusingato quando, a fine cerimonia e staccando un assegno a cinque zeri (vigeva ancora la lira), lei gli ha detto che pensava di trovare così romantico il fatto che lui fosse stato presente in tutti i momenti più importanti, come la laurea e le nozze, e ci sono pure le foto a testimoniarlo, come se si trattasse di una delle principali figure di riferimento della sua vita. Che poi magari lo era anche.

10 pensieri su “manie di protagonismo

  1. Bello davvero!!
    Ma quando facevate piano-bar, avevi pure messo il cartello “non sparate sul pianista?” ..
    No, nè? Perchè scommetto che tu suoni molto bene… Plus, quand’è che posti qualche tua musica per noi del blog?
    Scusa l’intraprendenza / sfacciataggine…
    Ciaooo

  2. Questa storia é davvero triste. Per tutto quello che non é stato, per le illusioni alquanto egocentriche ma sicuramente romantiche di lei, per il realismo rinunciatario di lui… Ma forse é solo uno dei modi in cui si puó interpretare questa storia e tu la interpreti davvero bene.

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