il disgelo

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Non ci dimenticheremo mai dell’inverno a cavallo tra l’82 e l’83, sono parole che ci ripetiamo in continuazione guardandoci e sfidandoci a ricordare chi ne ha sofferto di più. È stata una tra le stagioni più sfortunate che ricordiamo, una propaggine dell’autunno che si stava esaurendo e che già di per sé, con i suoi santi e i suoi morti, reca malinconia e poche gioie, giusto la frutta e altri prodotti della natura il cui ciclo volge al termine. I bimbi a scuola consumano i pastelli con i colori delle castagne e delle foglie che stanno per cadere, poi così è facile cancellare tutto con un manto di neve, uno strato di nebbia, qualche cornacchia che si è smarrita senza punti di riferimento e i rami spogli. Ma il tardo autunno e l’inverno tra l’82 e l’83 noi non possiamo dimenticarcelo, perché nel giro di qualche mese ci sono morti tre nonni. E ogni volta in cui ce lo raccontiamo cerchiamo di rimettere insieme tutti i pezzi della storia a partire dalle date certe, perché ormai è difficile tenere a mente pure quelle. Non si sa più su chi fare affidamento perché i vecchi perdono la memoria e confondono anche gli eventi più importanti, i giovani che prima non se ne curavano perché il culto della tradizione non doveva riguardare loro alle prese con la modernità, così, diventati adulti, hanno smarrito le informazioni e a stento possono aiutare i vecchi nella ricostruzione. Nessuno così sa dire con certezza se le sequenza degli avvenimenti sia quella corretta, nessuno ha mai avuto il coraggio di scrivere nero su bianco che cosa sia accaduto veramente, mettendo a rischio il tramandarsi delle vicende di famiglia.

Riusciamo a identificare e a convenire sull’autenticità del 23 novembre 1982 come data della morte della nonna Pina, dopo qualche mese di decorso ospedaliero a causa di un tumore che da una mammella si era diffuso ovunque e degenerato in metastasi. C’è chi sostiene di aver pianto alla notizia che era giunta a notte inoltrata, è molto frequente che chi sta male si spenga alle tre e alle quattro del mattino come se sussistesse un cambio di turno, un interregno in cui non si sa ancora che giorno sarà. Il telefono a rotella con il suo suono che non ricordiamo nemmeno più aveva svegliato tutti, il padre aveva comunicato la cosa e il nipote più giovane si era stretto nelle lenzuola, più spaventato per il modo e il fracasso che per il contenuto della notizia in sé, ed era scoppiato in lacrime, d’altronde aveva quindici anni.

Poi è stata la volta del nonno Pietro che è morto a Santo Stefano, poco più di un mese dopo in cui già era stato difficile tornare alla normalità, con il padre che portava i figli a pranzo in trattoria all’uscita da scuola perché quella nonna appena mancata viveva in casa e si occupava un po’ di tutto. O il funerale in cui fratelli e sorelle si erano tenuti per mano perché quella era in fondo la prima vera prova di dolore da condividere. Il 26 dicembre si era manifestato così il secondo lutto, e la prima impressione fu quella di dover rifare tutto da capo. Il rosario e la camera ardente in casa, con il cadavere nella stanza fredda. Il nonno Pietro era morto di vecchiaia anche se non c’era più con la testa, ogni tanto spariva e lo ritrovavano sull’autobus che tornava nella casa in cui aveva abitato dopo la guerra, molto spesso chiedeva alla nonna Rosina – che sarebbe morta tre mesi dopo di lui – dove si trovavano. Le faccende da sbrigare furono facilitate solo dal fatto che, durante le vacanze natalizie, erano tutti a casa e si potevano dare una mano a vicenda. Il nipote, quello dei quindici anni che per la nonna prima aveva pianto, una volta era rimasto perplesso perché i suoi amici nello spostare un voluminoso amplificatore avevano simulato il trasporto di una bara sulla spalla. Poi si erano resi conto della gaffe e gli avevano chiesto scusa, ma lui aveva colto la correttezza solo dopo ed era rimasto sorpreso perché il dolore che avrebbe dovuto provare gli era stato rammentato da una sciocca gag improvvisata. E forse avrebbe dovuto approfittare di tutta quella attenzione e quella popolarità circoscritta.

La serie negativa continuò quindi a marzo 83 con il decesso della nonna Rosina, e fu un’ingiustizia che in molti non ne soffrirono a sufficienza, come se oramai tutti si fossero abituati a quella conta un po’ macabra, ogni tot se ne va qualcuno ed è così che funzionano le cose dopo una certa età. Ma sotto sotto si sapeva che non poteva essere un ostacolo semplice da superare. Il nipote, che avrebbe compiuto poi i sedici anni poco tempo dopo, era andato in tilt durante l’ora di Inglese, la sua insegnante se n’era accorta e aveva lasciato correre. Gli aveva anche detto che certe fasi della vita sono delicate, e che occorre chiedere aiuto se sembra impossibile darsi una spiegazione alle domande che la vita impone. Lui aveva poi scritto da qualche parte che non era così, nel senso che non sono le fasi della vita ad essere delicate, ma c’è di più. E dandosi una risposta, probabilmente inadeguata alla situazione ma tipica di uno della sua età, aveva impercettibilmente alzato le spalle, come fanno i più piccoli quando non sanno più cosa dire.

3 pensieri su “il disgelo

  1. Io ho conosciuto due dei miei bisnonni e mia figlia ha ancora la sia bisnonna materna, mia nonna. Mi rimane solo lei e me la tengo stretta. Ma sempre più tardi si fanno i figlie e l’età dei nonni avanza

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