che dramma

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Povera patria mia, sanguina, sanguina!
E tu, gran tirannia,
vieppiù rinsalda le tue fondamenta,
poi che virtù non osa contrastarti!
Ammàntati di quello che hai frodato,
tanto non c’è chi te ne neghi il titolo!

Macbeth, di un esordiente William Shakespeare che ha tutte le carte per diventare un valente drammaturgo. Visto ieri sera al Piccolo in una versione altrettanto cruenta e ansiogena di un Shining kubrikiano con un ottimo cast a fianco di Giuseppe Battiston. Ai versi qui riportati sopra, resi in forma un po’ più prosaica, sentiti in questo momento di povertà istituzionale e disorientamento ideologico, chissà se in platea è serpeggiato il mio stesso stato d’animo e una comune voglia di riscatto. Poi fuori, tra i fuoristrada parcheggiati sui marciapiedi, i venditori africani di editoria solidale e quelli asiatici di flora altrettanto usa e getta, l’incanto è svanito. C’era la stessa Milano di prima, i vestiti da sera, le feste di laurea nei locali di Corso Garibaldi, le patatine spacciate per le più buone del mondo che poi, quelle dell’Ikea, rimangono comunque una spanna sopra.

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