non siamo soli

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Cosa hai da guardare? Anche a un’operaia tessile può succedere che dopo il turno debba fermarsi un istante, con la sigaretta in bocca di fronte ai cancelli, a controllare le chiamate e i messaggi persi sullo smartphone e che ci sia un figlio a cui dare una risposta, un amante da accontentare, un anziano genitore a cui fornire conforto, un problema a cui trovare una soluzione o di cui capire la gravità per muovere la prima mossa. Anche al personale delle pulizie che sgombra i rifiuti dai numerosi contenitori della differenziata dei vostri studi professionali nei quali avete passato una giornata ad aggiornare lo status su Facebook può squillare il cellulare con una melodia con cui difficilmente potreste familiarizzare. Una ballata pop dell’Ecuador, un canto popolare delle Filippine, una danza di un’ex repubblica sovietica che scambieremmo senza indugi per un inno militare buono per una parata di guerra in tempo di pace, con i soldati tutti uguali che voltano il viso di tre quarti per rendere omaggio al segretario del partito in un tripudio di bandiere rosse. E che alla risposta, oltre lo scatto della compagnia telefonica più conveniente, segua una conversazione privata. C’è la vita oltre il lavoro anche per chi pensiamo ci debba essere il lavoro e basta, persone delle quali abbiamo una percezione solo per quello che fanno. Chi vende fiori o libretti di poesie di altri continenti, chi smista volantini o lava le scale, chi controlla macchinari in fabbrica o si accerta che nessuno se la svigni senza aver pagato la camicetta made in India. Ci sono case, famiglie e storie dietro chiunque, e ci dovrebbe sorprendere il contrario.

7 pensieri su “non siamo soli

  1. Un punto di contatto. Quando la cultura, la religione, la lingua non aiutano, gli affetti famigliari dovrebbero ricordarci che veniamo tutti dallo stesso posto.

  2. oggi ho visto su una spiaggia famiglie di tutte le nazionalità. Arabi, slavi, cinesi, africani, russi. Sarebbe magnifico non farci più caso.

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