facile a dirsi

Standard

Ora non dico che non dovremmo essere complicati. Credo però che quello che poi esprimiamo a parole sia una banalizzazione in eccesso di quello che teniamo al calduccio sotto la corroborante trapunta delle nostre riflessioni. Io me le immagino come una matassa tutta aggrovigliata di pensieri scritti come usa adesso, quelle tag cloud per le quali ci sono anche i tool in internet per generarle. Ci sono termini scritti in font giganteschi ed altri percettibili a malapena, questo dipende dalla ricorrenza dei concetti nelle nostre elucubrazioni e se un’idea marginale a un certo punto diventa una vera e propria ossessione, in ogni istante della nostra vita cosciente la vediamo lì stampata con il suo carattere bello ciccione che sovrasta tutto il resto. Ma in questo ordito delle nostre divagazioni succede che poi non facciamo mai ordine e alla fine peschiamo la risposta più evidente come in quel gioco dell’indovina che cos’è, quando si deve mettere la mano nel sacchetto e scegliere un oggetto estraiamo quello dalla forma più ergonomica, perché già c’è il mistero della pesca al buio, così se qualcosa si lascia impugnare più agevolmente ci consente di avere almeno la meglio sull’ignoto.

In pratica, quanto siamo più complessi e difficile dentro poi nessuno se ne accorge fuori, a meno di non trattarsi di un compagno di vita, di un parente stretto, un partner confermato o un collega da posto fisso che devi conoscerlo bene per sapere quando stargli vicino o evitarlo. Se poi siete abituati a leggere molto, quando vi trovate di fronte a una differenza così evidente tra quello che la gente si dice nei libri e come le persone si rivolgono dal vivo, ogni dubbio anche minimo viene fugato. Non dobbiamo aver paura. Quei dialoghi scritti che a volte non riusciamo a seguire e ci perdiamo addirittura tra botta e risposta tanto che dobbiamo tornare indietro nella pagina fino all’inizio del confronto – almeno io faccio così – e contare uno e due, uno e due per arrivare sino al punto in cui non siamo più riusciti a capire chi stesse dicendo a chi e che cosa, ecco a una situazione di questo genere tra persone in carne e ossa non vi capiterà mai di assistere. Poi c’è chi ci prova e non è assolutamente un problema di lessico più o meno forbito o desueto, anzi le persone complicate ci comunicano cose talmente elementari che finisce che escano sottovalutate dal confronto. Il problema è distinguere una semplicità apparente da una di risulta. Per questo le conversazioni più superficiali dovrebbero essere bandite, non c’è spazio per niente, e a quel punto è meglio starsene in silenzio o anzi, meglio, scrivere una bella lettera di accompagnamento alle proprie intenzioni così c’è sempre l’alibi della comprensione del testo. Un po’ come quando dovete leggere cose come questa qui.

5 pensieri su “facile a dirsi

  1. ma allora tu davvero sei nel futuro, avevo appena preso un appunto sul mio taccuino, uno spunto per scribacchiare qualcosa stasera sull’argomento. in modo arzigogolato, ovviamente.

  2. Sì. Mi ritrovo molto nel concetto che i nostri pensieri sono blocchi di codici realmente accessibili nella loro pienezza solamente a noi stessi. Quando dobbiamo o vogliamo condividerli, necessitano per forza di una sorta di “riduzione quasi matematica” affinché chi li deve recepire lo possa fare al meglio.
    Personalmente però sono un sostenitore del “keep it simple”, perché è ciò che nella vita di relazione comunicativa paga di più. Ecco, ora… spero di essermi spiegato chiaramente e ti invio un caro saluto 🙂

  3. il mio è un futuro trito e ritrito e per giunta ripetuto perché mi dimentico quello che ho scritto in passato, comunque è bello sapere di coincidenze nell’Internet 😀

Rispondi a plus1gmt

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.