la voce che ti dice che non è roba tua ha sempre ragione

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Siamo talmente abituati all’usa e getta che non ci preoccupiamo più di raccogliere le cose che troviamo abbandonate o perse da altri ed è sconvolgente se consideriamo quanto ci dicono che dovremmo esser poveri e il livello di zozzerie che si vedono in giro, zozzerie – in questo caso – da un punto di vista ecologico. Certe cose nemmeno le notiamo più, come le monete da uno due o cinque centesimi, se ci fate caso se ne vedono un sacco in giro ma che figura, però, a chinarsi e tirarle su in pubblico. Ieri invece uscito dall’ufficio ho visto una bella penna Stabilo giacere sul marciapiede nei pressi di una scuola media ed è lì che ho pensato quale debba essere il comportamento più corretto. Quanti di voi tornerebbero sui propri passi alla ricerca di una penna smarrita? Io, per dire, lascio sempre il mio tratto pen blu in giro, sulle scrivanie degli altri, una volta l’ho lasciato pure in bagno, ma quando e se me ne accorgo mica mi metto a cercarlo. Chissà dov’è, mi metto così a scrivere con una biro qualsiasi fino a quando è lui che trova me. Miracoli del terziario avanzato.

A maggior ragione uno studente delle medie che si rende conto della perdita e fa la strada a ritroso sino all’ingresso della scuola, una scena degna del finale di un film di quelli un po’ di nicchia che piacciono a noi blogger di nicchia, è difficilmente plausibile. Restano in lizza due opzioni: la si lascia lì perché non se ne ha bisogno, la si raccoglie ché non si sa mai. E l’appropriarsene in fondo è una reazione che fa tornare un po’ piccini, quando sei nel limbo del capire e del non capire e con la smania del capitalismo pre-scolare tutto quello che vedi e che ti attira l’attenzione diventa tuo. Quante discussioni con mia figlia, da una parte noi adulti con tutte le convenzioni imposte dalla convivenza sociale che quindi una cosa così non si fa. Dalla’altra l’ingenua attitudine al possesso che eserciti perché non hai ancora il filtro dell’auto-controllo.

Ricordo tanto tempo fa al mare, ero davvero piccolo, mi ero impadronito di una nave di plastica molto bella, colorata e super-accessoriata che avevo trovato in prossimità delle docce. Ma sapete com’è la vita negli stabilimenti balneari. Si lasciano i propri effetti personali nelle cabine, si appendono costumi e teli in comune, si lasciano occhiali e accendini sotto l’ombrellone quando ci si tuffa in acqua. Non a caso ero stato raggiunto da una mamma con un bimbo più piccolo di me in lacrime ed ero stato costretto a restituire la nave di plastica con mio sommo sbigottimento. Nessuno aveva dimenticato nulla, il bambino era scappato in bagno e al ritorno il suo gioco aveva cambiato proprietario.

Così, mentre passavo in rassegna questi strascichi di una delle prime delusioni cocenti provate, ho lasciato la Stabilo lì dov’era, consapevole che il suo valore non esercita alcun fascino sull’uomo dei nostri tempi, abituato a perdere telefoni e gadget elettronici con una frequenza preoccupante. A me non è mai successo di trovarli, sono cose che sento dire in giro, ma se mi capita so già, però, come cercherò di comportarmi.

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