hashtag famigliari, il lessico quotidiano ai tempi di Twitter

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Oggi anche a casa siamo duepuntozero e i tempi del “Lessico famigliare” hanno lasciato il posto agli hashtag e ai trend topic anche tra le mura domestiche. In un ambiente che vede la diffusione capillare di superfici touch e dispositivi smart anche le dinamiche genitori-figli e tra le coppie stesse si adattano all’influsso che social network, rete e tecnologia stanno avendo sulle relazioni tra le persone. I professoroni non ne avranno male se dico che Natalia Ginzburg fosse della nostra generazione probabilmente riscriverebbe il suo libro allo stesso modo, ma solo perché sarebbe sempre Natalia Ginzburg e non una celebrità qualsiasi che si affaccia su Twitter, ma noi possiamo sempre approfittare del decennale del socialcoso più laconico del web che si celebra in questi giorni per qualche considerazioni sulla diffusione dell’uso del cancelletto tra le conversazioni della quotidianità.

Sono finiti i tempi di #vaiafareicompiti o #spegnistocazzoditelefonino o #vieniatavolachesifredda perché nelle famiglie always connected non ci sono verifiche o interrogazioni e se qualcosa va storto a scuola è perché gli insegnanti non seguono il passo dei tempi e sono rimaste alle loro LIM novecentesche. Lo smartphone giustamente deve rimanere sempre accesso e in rete e ciascuno può consumare la cena come e quando vuole grazie ai fornelli intelligenti, alle app a microonde e a certe multinazionali dell’e-commerce che consegnano anche l’insalata lavata e condita con i droni nel giro di pochi minuti. Nono solo. Chi è ancora interessato circa il modo in cui passano le giornate i figli può tenere d’occhio i loro profili su Instagram e Facebook grazie ai numerosi tool gratuiti che permettono controlli e reportistica su tutto ciò che avviene, mentre ormai sono passati di moda i sistemi di localizzazione tramite GPS, considerando che tanto i figli stanno sempre da soli e nelle loro camerette.

E finalmente non c’è più spazio per i post-nostalgici. I sentimentaloni possono però ripercorrere i momenti della loro vita che hanno ricevuto più like e commenti ricercando facilmente i termini più intimi nati da quell’intesa analogica che usava una volta prima che la digitalizzazione liberasse finalmente storage anche nei nostri cuori, portando sul cloud pubblico e privato certi stati d’animo obsoleti e ingombranti come l’affetto (a proposito, vi ricordate come rallentava il funzionamento dei nostri sistemi operativi anche senza svuotare la cache di tutte le nostre esperienze con il prossimo?). Io stesso ho dato un’occhiata a certi storify di quando mia figlia era piccola e chiedeva lo stesso cartone animato Disney fino allo sfinimento. Ogni giorno, per settimane se non mesi, voleva rivedere il film animato che la prendeva di più in quel momento, ognuno chiamato con il titolo che gli dava lei. Quindi “La carica dei 101” era #tanticani come il successivo in ordine di preferenza “Lilly e il vagabondo” era #caninuovi fino a #meo (abbreviazione di Romeo) che indicava “Gli aristogatti”. Prendete esempio da me. Ognuno di noi ha tanti piccoli hashtag famigliari da rintracciare con una semplice ricerca nella memoria locale, quella che si estende in una manciata di metri quadrati di superficie calpestabile ma con un amore che, almeno fino a quando ci sarà spazio, sarà infinito quanto Google.

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