volersi bene ai tempi dei talent show

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Ieri sera il giudice di uno degli ennemila talent show che ci tengono compagnia in una delle frequenti sessioni di proiezione delle nostre velleità di rivalsa sulla finzione della vita e del successo che si rappresentano in TV è scattato di corsa verso il palco per abbracciare un candidato appena promosso dalla giuria alle fasi finali del gioco. Non possiamo sapere che cosa in realtà sia successo dietro le quinte. Possiamo cioè ipotizzare che sia tutto una farsa, che giudici e giudicati entrino in contatto prima dell’esibizione stessa, che ci sia una sceneggiatura ad hoc per creare lo storytelling che poi ci viene proposto, che sia un complotto massonico o dei poteri forti solo per farci credere che le cose vanno tutto sommato bene.

Ma se ci limitiamo all’esperienza che ne abbiamo tratto da fruitori del montaggio della puntata, abbiamo assistito a una manifestazione estrema di coinvolgimento tra due sconosciuti a seguito di una prestazione artistica dell’uno che ha stravolto le corde emotive dell’altro, e lasciate stare che un giudice dovrebbe essere tenuto a esercitare il proprio ruolo con il massimo distacco. Lasciate stare perché il format in questione è invece l’opposto del rigore con cui certe iniziative a sfondo competitivo dovrebbero essere portate a termine. Ma se così fosse, se cioè le quattro star dello spettacolo, dalla loro postazione con il pubblico alle spalle, seguissero lo stile di un signor no alla Rischiatutto (quello vero), ai tempi dell’etica e dell’estetica di Maria De Filippi, questo genere di programmi cadrebbe nel dimenticatoio e l’Italia perderebbe l’occasione di venire a conoscenza di tutti i suoi talenti.

Così, quando ieri sera il giudice ha dato un abbraccio a un concorrente in teoria sconosciuto in un tripudio di coriandoli e luci, di fronte a centinaia di persone plaudenti per non parlare dei milioni di telespettatori, io mi sono chiesto il senso di dare un abbraccio a uno sconosciuto. Non mi sono dato una risposta, ma mi sono ricordato all’istante di quanto oggi ci piace giocare a scriverci le cose forti sui social, a spingere di brutto sulla verbalizzazione dei sentimenti che mica corrispondono a stati d’animo presenti in natura. Io non conosco nessuno così espansivo con me dal vivo, e sta a voi farmi notare se è un problema mio, di come vengo percepito dalle persone che mi conoscono in carne e ossa, oppure se anche per voi è così. A parole scritte amiamo cani e porci, al di qua di Internet e della tv a malapena ci salutiamo.

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