ciao mamma guarda come non mi diverto

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Crescere i figli è un’esperienza totalizzante, e vista dal basso (in senso anagrafico) dei prodotti hi-tech della Stokke e della pedagogia creativa di Bruno Munari sembra spropositatamente lunga. Certo, si resta genitori per sempre. Ma basta fare due calcoli per avere il valore percentuale di quanto i nostri figli resteranno sotto la nostra ala protettiva, potranno essere controllati a vista, gli si potrà dire cosa fare e cosa no, ascolteranno la musica che gli consigliamo, in generale si lasceranno assecondare. A essere ottimisti vent’anni, ovvero un quarto di vita. In realtà già verso i quattordici si trasferiscono in un mondo parallelo anche se vivono sotto il vostro stesso tetto, ciò non deve esimerci dal non dare un’occhiata ogni tanto su quello che combinano dal vivo e sui social, in modo da intervenire proattivamente in caso di bisogno. Ma, e non vorrei spoilerare, ad un certo punto poi tutto finisce.

Proviamo a chiederci così che cosa fanno i genitori dopo l’esperienza totalizzante della genitorialità, quando poi i ragazzi dal mondo parallelo fanno armi e bagagli verso la loro vita autonoma e indipendente. Mamma e papà si comprano i camper e vanno a evangelizzare l’Italia e l’Europa sui brillanti successi di figli e nipoti, quando ne hanno, o girano il mondo in aereo con outfit discutibili e marsupi con il logo del tour operator, a parte quelli con la pensione minima, il cui raggio geografico di azione è sensibilmente inferiore? Si prendono ripetizioni dalle coppie rimaste all’asciutto per imparare a riscoprirsi in due? Voglio però tranquillizzarvi: dicono che ci sia ancora un ampio margine di contatto con propri figli per un bel pezzo, questo a patto di un impegno precedente alla costruzione di un rapporto unico in natura (e impensabile mentre li accompagnate per mano alla scuola materna) che è quello di considerarli adulti come voi, perfettamente alla pari. Se poi i figli surclassano papà e mamma in quanto a professionalità in un certo campo facilmente si ribaltano le parti. Chi non sogna una figlia chirurga in grado di fornire un supporto ai genitori anziani nell’unico campo che da una certa età età in poi conta davvero, che è quello della salute?

Nella maggior parte dei casi, però, è assente questo legame “pratico” reciproco o anche mono-direzionale. I figli oramai di mezza età fanno un mestiere di cui magari le loro madri nemmeno capiscono la qualifica, le madri sono anziane e malandate e anche distanti e quindi la possibilità di supportarsi è ridotta all’osso, ci si dà solo dell’affetto al telefono ogni tanto ma si sente che manca qualcosa. Il legame si fa sempre più liso da tempo, sbiadito dall’uso, dalla vita stessa, dalle mille cose da fare, dal disorientamento di trovarsi in mezzo tra due pezzi di sé che si allontanano in due direzioni opposte e non saper da che parte saltare e nella confusione. Nel mentre il tempo sapete come si comporta nei nostri confronti, e così poi ci si trova che c’è più ben poco da fare.

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