ecco a chi non dovreste mai dare i vostri soldi

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I predatori che approfittano delle debolezze altrui dovrebbero essere messi al bando da una legge naturale di quelle che raccolgono punti karma, ritorsioni divine e iettature umane ed estinguersi come i dodo ma in maniera più dolorosa. Se sei al top della catena alimentare e ti cimenti con uno che ti tiene testa, il tuo valore dovrebbe andare alle stelle, sia che tu vinca e sia che tu soccomba. Se sei al top della catena alimentare e ti sfami con esseri viventi azzoppati o alla frutta o con una qualsiasi delle sfortune che capitano perché non hai voglia di sbatterti con prede più faticose, dai monocellulari alle elaborazioni più complesse della bio-ingegneria genetica, sei un’infame sino alla quarta o quinta discendenza ti auguro un meteorite in testa a forma di Buondì Motta.

Ma ce n’è anche per noi. Il regno degli esseri umani infatti non sfugge, come ben sapete, a queste dinamiche di vigliaccheria gratuita. C’è fior di letteratura ben più autorevole di questa che offre la sua testimonianza diretta o di fantasia su quanto sia a portata di mano di tutti prendersela con quello di sotto nell’organigramma, quell’altro appena entrato, il primino, il Fantozzi, il Ranocchio – come direbbero certi veristi d’antan – più facile da soverchiare.

In questo insieme di gente piuttosto di merda rientrano nel loro piccolo quelli che ti chiedono insistentemente spiccioli mentre utilizzi un distributore automatico di qualcosa, i titoli di viaggio nelle ore di punti in primis. Quelli la cui occupazione è trascorrere il tempo nelle stazioni e accollarsi ai viaggiatori più trafelati, a quelli meno a proprio agio con la tecnologia self service, a quelli stracarichi di bagagli che quindi devono avere mille occhi per controllare tutto, offrendo il proprio aiuto a superare i passaggi che certe macchinette impongono, prima di giungere alla stampa del biglietto e alla seguente erogazione dell’anelato resto in monetine.

Ce n’è addirittura uno in Cadorna che, per farsi vedere meno accattone degli altri, chiede, prima dei dieci centesimi di rito, se può lasciare alla gente in fila il proprio curriculum stampato. Nice try, mi è venuto da dirgli. Poi, superato il primo ostacolo della diffidenza altrui grazie al tentativo di sembrare meno lavativo di chi chiede l’elemosina con metodi più ortodossi, attacca anche lui accampando pretese sul resto che, in quanto accattone, gli dev’essere dovuto, il tutto mentre ti devi districare tra numerose schermate per vincere la battaglia contro la scarsa usabilità dei punti di acquisto senza rivenditore, ma anche il tutto (lo stesso tutto di prima) in una cornice in cui qualcuno potrebbe scipparti dei bagagli, della borsetta, persino del telefono in tasca, persino le cavallette, con decine di persone in coda dietro che vorrebbero vederti meno impedito e il tipo che ti tampina, puzzando pure un po’, per avere i tuoi dieci centesimi di cui sopra.

Poi alla fine anche un cuore di pietra come il sottoscritto si impietosisce e gli allunga la monetina, soddisfatto che la macchinetta automatica non si sia inceppata e del fatto che il processo di acquisto sia andato a termine nel migliore dei modi. Gli ho persino regalato, qualche giorno fa, un monetone da due euro che qualcuno si era dimenticato nel cassetto del resto, come se tutti i valori abbandonati nella zona fossero di sua competenza. E quando me ne sono andato stavo per farmi lasciare davvero il suo curriculum, così, giusto per curiosità.

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