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La vita è troppo breve per avere tutto ma è sufficientemente lunga e lascia ampi margini di libertà per organizzarsi al meglio per possedere temporaneamente le cose. Ciascuno di noi paga i suoi debiti con le proprie passioni come può. Giancarlo, per esempio, so che non compra tutta la musica che ascolta ma, in compenso, acquista i libri che legge. Io invece sono l’esatto contrario. Spendo un budget mensile in dischi che spero il grande karma dell’industria musicale (o quello che ne rimane) possa accettare come atto di redenzione per tutto ciò che ho scaricato nel periodo in cui, dagli albori dell’Internet e per un decennio buono, sono rimasto vittima esemplare dell’accumulo compulsivo di musica digitale e, quindi, facilmente accessibile.

I libri invece li prendo tutti in biblioteca, questo mi consente di tenere una buona media di letture mensili (anche se so che non si legge al metro o al chilo) evitando salassi. L’unico rischio è quello di dover pazientare per la disponibilità di un titolo, cosa che capita solo scegliendo autori di grido, best seller o novità. Ma basta organizzarsi e il gioco è fatto. Nella mia libreria domestica ho diversi volumi che, proprio a causa della facilità con cui trovo ciò che cerco in biblioteca, restano in fondo alla lista delle priorità, essendo sempre lì a portata di mano. Per farvi un esempio, ho un paio di persone davanti nella prenotazione di “4321” di Paul Auster, equivalenti credo a qualche settimana di attesa, così per non restare con le mani in mano e la testa in ozio ho deciso di ingannare il tempo in una maniera molto costruttiva. Sono in possesso di una copia Einaudi della raccolta completa dei racconti di Italo Calvino, che sparsi tra altre edizioni, uscite e antologie scolastiche penso comunque di aver letto quasi integralmente. Questa copia però, che proviene da una bancarella di libri usati e pagata una sciocchezza, ha un’aria vintage, con la copertina sgualcita e il prezzo in lire, e invoglia a tenersela in mano, rigirarsela tra indice e quarta di copertina, scorrere i titoli dei racconti, scoprirne i segreti tra i fitti interlinea della tipografia di un tempo.

Per tagliar corto, è facile immaginare il piacere che mi ha fatto ritornare sui sentieri e nelle atmosfere di Calvino e della narrativa italiana di quel periodo lì, che poi è la preferita mia e di noi tutti, ci fa sentire a casa e non ci manifesta mai alcun risentimento per aver trascorso periodi così lunghi dall’altra parte dell’oceano letterario.

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