nel blu dipinto di blu

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La sostanza è che siamo morti e Facebook è il paradiso. I più autorevoli e affidabili testimoni dei casi di trapasso interrotto, quelle volte in cui qualcuno proverbialmente ti prende per i capelli e ti riporta da questa parte ma per un istante hai una preview di quello che ti aspetta, dicono che non c’è né luce e nemmeno un tunnel propedeutico bensì un’interfaccia utente quasi tutta di quel blu invasivo che, a furia di stare sul social che dà voce a cani e porci, anziché fare di meglio, siamo in grado di visualizzare chiudendo gli occhi o di riprodurre fedelmente al bit e nella corretta composizione digitale malgrado non esista in natura (vi ricordiamo il codice esadecimale #3b5998 e i valori RGB 59, 89, 152).

Quindi possiamo dirci che davvero è tutto qui e che Zuckercoso-là ha fatto così tanto grano da essersi arrogato una posizione così in alto. Il più vasto serbatoio di esperienze dell’universo, date in pasto e alla mercé dell’ignoranza collettiva, è fatto di quella sostanza di cui secoli di filosofi si sono consumati le meningi a immaginarne la composizione. Se c’è un’anima ha un username e una password e c’è qualcuno che ci blocca i pensieri peccaminosi se non mettiamo le pecette nere sui capezzoli sui quali fantastichiamo, ma poi lascia spazio alle riunione sediziose dei nazifascisti del terzo millennio e allora ditemi che paradiso è.

E evitate di metterla sul colore degli angeli rispetto a quello dei diavoli. Avete mai visto un sito web tutto in rosso? Vabbe’ che bisogna far passare a chi si è comportato male le pene dell’inferno ma addirittura far sanguinare gli occhi ai dannati non è è giusto e poi la leggibilità e il look&feel sono il punto zero che mancava ai dieci comandamenti. E poi Facebook è infinito molto di più di quello che l’escatologia fai-da-te prospettava per i posteri, a quanto abbiamo recepito dall’insegnamento della religione, almeno fino a quando è stata obbligatoria a scuola. Considerate quindi questo come una sorta di messaggio in codice per chi se ne vuole approfittare e colonizzare l’aldilà acquistando campagne a pagamento, comprando like e immettendo nel sistema profili fake a iosa per condividere le notizie inventate, come questa a cui sto lavorando io ma questa è casa mia e faccio come mi pare.

Per dire, un mio ex datore di lavoro, alle prese con la lista nozze in occasione del suo matrimonio, aveva chiesto agli invitati di alimentare un conto in una libreria al posto dei soliti viaggi o dell’aiuto per acquistare la cucina, considerando che marito e moglie avrebbero unito due case già complete di tutto e non avevano bisogno di nulla. La lista dei contatti in vita su Facebook può quindi essere riciclata come elenco testamentario per i lasciti virtuali (col cazzo che mollo i miei dischi rari a qualcuno di voi che non ho ma visto di persona), il tutto secondo una formula assistita dagli impiegati della corporation più nominata nell’universo che, nel depauperamento sociale di cui siamo circondati, ci fanno pure la bella figura di legali ma più economici di quelli sfornati a tonnellate dalle facoltà di giurisprudenza.

La morale della storia è che la più grande sconfitta per il genere umano è dover lavorare stando fermi. In natura non si trova nessun altro esempio di sedentarietà finalizzata al sostentamento. Forse qualche vegetale, ma sono certo che se ci mettiamo a osservare le piante avremo delle belle sorprese. Se avete qualche vaso sul balcone saprete meglio di me è tutto un girarsi dove c’è luce, dove c’è acqua, dove c’è meno vento, intorno ai tralicci e alle canne di bambù. A pensare invece si impazzisce e il complotto globale che sottende all’Internet sta mietendo sempre più vittime convincendo gli utenti che teorie assurde come la mia alla fine siano lette e comprese, malgrado l’assenza di figure a supporto.

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