dischi che hanno fatto la storia: night time dei killing joke

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[recensione pubblicata su Loudd.it] Quello straordinario tritatutto timbrico che sono stati gli anni ottanta non ha risparmiato nessuno. A differenza di oggi, in cui con il senno derivativo del poi le band possono sbizzarrirsi sul richiamare con i suoni questa o quella decade preferita a cui ispirarsi, mai come in quella fase artistica è stato uso comune omologare i propri pezzi con certe linee guida che consentivano di rimarcare la differenza con il passato prossimo e ambire, allo stesso tempo, a un decoroso riconoscimento di vendite.

Un compromesso per nulla riduttivo, almeno visto da qui. Ma per i fan di un gruppo di durissimi e purissimi come i Killing Joke, “Night Time”, almeno ai primi ascolti, deve aver sicuramente causato più di un malessere da disorientamento. Che ci fanno chitarre così ricercate, mandate di effetti sulla batteria e persino tappeti di string sotto i pezzi degli stessi apocalittici autori di “Requiem” e “Wardance”?, si saranno chiesti in molti. Attenzione, però. Per i Killing Joke non c’è stata nessuna deriva commerciale, ci mancherebbe, solo un inabissamento nel dark più profondo dei suoni e delle tematiche dell’epoca che però, al momento della pubblicazione, in perfetto mood con i tempi che correvano, ha conferito loro una esposizione mediatica forse inattesa.

Per questo “Night Time”, quinto album in studio della band di Jaz Coleman, è stato una vera e propria pietra miliare e non solo della loro carriera. A cavallo tra i pungenti esordi post-punk e la svolta industrial successiva che ha avuto inquietanti presagi già a partire da “Extremities, Dirt & Various Repressed Emotions”, la parentesi di “Night Time” e del successivo (struggente quanto ingiustamente sottovalutato) “Brighter Than a Thousand Suns” costituisce l’apice senza ritorno di un fenomeno culturale e un’estetica musicale unica nella storia, a cui molti artisti alla ribalta nei decenni successivi hanno pagato un importante tributo.

La versione in vinile del disco presenta la sua cupezza già dall’artwork della cover e dalla busta interna, ancora prima di soffermarsi sulla lettura dei testi. Uno stile che trova la conferma sin dai solchi iniziali del lato A con la titletrack, un classico della dark dance già intriso degli elementi che caratterizzeranno poi l’intero album, a partire dal suono di chitarra e da certi arpeggi (e certi accordi) che ricorreranno in quasi tutte le altre canzoni. La luce di “Night Time” continua a rimanere rigorosamente spenta nella successiva “Darkness Before Dawn”, in cui risaltano il basso profondo del compianto Paul Raven e una trascinante parte ritmica, su cui la vocalità di Coleman dà il suo massimo.

Non ci sono poi abbastanza parole per descrivere la traccia successiva, “Love Like Blood”, l’inno di una generazione e senza dubbio uno dei brani meglio riusciti della storia del rock di tutti i tempi, una di quelle canzoni così perfette che si dovrebbero insegnare nelle scuole e tramandare di generazione in generazione anche solo per come sono in grado di far nascere l’amore e la passione per la musica.
Si torna alla cattiveria con “Kings and Queens” e “Tabazan”, due punti di collegamento con il passato dei Killing Joke, soprattutto con il precedente ellepì “Fire Dances”, e con “Multitudes”, che riprende la ritmica articolata e obliqua di “Love Like Blood”.

“Night Time” si chiude quindi con due altri pezzi di indubbia qualità: “Europe”, visionario e avvincente inno per un continente da giorni contati, e “Eigthies”, il manifesto di un’epoca di cui i Killing Joke di “Night Time” sono stati gli interpreti più autorevoli e brano oggetto di una controversia con i Nirvana a causa della evidente somiglianza con “Come As You Are”, querelle peraltro elegantemente archiviata dai Killing Joke a seguito della morte di Kurt Cobain.

“Night Time” ebbe un grande successo internazionale, arrivando 11esimo nelle classifiche UK, e tutt’ora è un must-have di ogni collezione discografica che si rispetti. Il tentativo dei Killing Joke di raggiungere e mantenere un equilibrio tra antagonismo e accessibilità non durò però a lungo. D’altronde canzoni come “Love Like Blood” capitano una volta nella vita e, spesso, sono causa di frustrazione in quanto impossibili da eguagliare nel resto della carriera. In fin dei conti, però, è giusto così. È proprio la rarità di una cosa a mantenere inalterata la sua bellezza tanto che, ancora nel 2017, “Night Time” può essere giustamente considerato un indiscusso capolavoro post-punk (e non solo).

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