le interviste impossibili

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Ci sono alcune tradizioni che non tramontano mai. Qui in Italia da sempre siamo fortissimi a ridicolizzare certi fenomeni giovanili, come se una prerogativa della mezza età fosse quella di ridurre il raggio delle cose importanti della vita alla sola senilità e, dall’alto dell’esperienza di una fase dell’esistenza i cui parametri di ingresso si stanno sempre più spostando in avanti (complici l’aspettativa di vita crescente e l’adolescentizzazione dell’età adulta) bombardiamo di giudizi al napalm quelli che stanno sotto, rei di non essere nostri coetanei e di aver ben altri obiettivi da perseguire. Si tratta di una cosa che abbiamo subito tutti. Quindi, cari amici fan di Marilyn Manson, non prendetevela se, da noi, a intervistare il vostro beniamino, è stata la punta di diamante dell’Italia cafona, illetterata e provinciale che risponde al nome di Paolo Bonolis. Ci siamo passati tutti. Noi che da vecchi cerchiamo di insegnare a voi giovani a essere giovani, quando eravamo giovani veramente e combattevamo contro gli anziani che ci facevano le paternali abbiamo subito analoghi tentativi di iconoclastia. Ci sono testimonianze dei Kraftwerk da Corrado e persino di un botta e risposta tra Mike Bongiorno e Martin Gore dei Depeche Mode in cui gli chiede se è un uomo o una donna, una situazione così imbarazzante da far venire i brividi. L’episodio più recente però desta ancora più scalpore se pensiamo che oggi la curva della gioventù si chiude ben oltre i cinquanta e ve lo dice uno che, malgrado l’ipertensione, resiste indomito ancora nel pieno, quindi ci si chiede uno come Bonolis a quale generazione faccia riferimento. Di quali anziani stiamo parlando? Non solo. Pensate a trasmissioni come “Stranger Things” che uniscono adulti e piccini nella celebrazione del primato del pop su tutto quanto il resto o personaggi come Manuel Agnelli che, a un’età in cui si hanno i figli come minimo all’università, si pongono ancora come punti di riferimento di lotta al mainstream per i liceali. Il dibattito è interessante perché, mentre si parla sempre meno di politica e di società, la centralità dello spettacolo in tutte le sue forme (da quello che accade sull’Internet alle tv a pagamento) ci sta conducendo verso traguardi unici nella storia del genere umano.

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