siamo pallosi nonostante la tecnologia

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Philip Seymour Hoffman è morto il due di febbraio di quattro anni fa, ma prima di dirvi esattamente in che anno è mancato mio papà ci devo pensare su qualche minuto e rintracciare i soliti punti di riferimento per non sbagliare. Dove sono andato quell’anno in vacanza, che classe faceva mia figlia e cose così. Risalgo così alla data precisa e scopro che l’anno è lo stesso di Philip Seymour Hoffman, il 2014, così d’ora in poi potrò utilizzare questo collegamento per dare una risposta con precisione. E se so di Philip Seymour Hoffman, anzi, se mi ricordo dell’anno in cui ci ha lasciati lo devo a Facebook e a quel sistema che ha escogitato per proporti le cose degli anni precedenti. A me non piace questo modo pervasivo che ha Facebook di tentare di occupare tutta la nostra vita. Leggiamo lì, ci informiamo lì, discutiamo lì, ci innamoriamo e ci infuriamo lì sopra e il problema non è l’Internet in sé, ma proprio il social media più ingombrante della storia dell’umanità. Ieri era il due di febbraio e Facebook mi ha proposto di condividere nuovamente un fotogramma di “Happiness” di Todd Solondz che ritrae Philip Seymour Hoffman nella celebre scena in cui interpreta il maniaco stalker che si masturba al telefono. Ricordate? Non ci ho pensato due volte e ho condiviso il ricordo ma poi me ne sono pentito proprio perché non riuscivo a ricordarmi invece di mio papà. Qualche giorno prima mi è capitata la stessa cosa. Era la “Giornata della memoria” e Facebook mi ha ricordato di quando ho pubblicato un disegno che raffigurava i troll che approfittano della ricorrenza con provocazioni sul tema delle foibe. Ho postato anche quello nuovamente, in bella vista sulla mia bacheca. Il punto è che Facebook è incentrato sulle ricorrenze e che noi, alla fin fine, diciamo sempre le stesse cose che abbiamo detto lo stesso giorno in tutti gli anni precedenti a quello in corso. Prima o poi esploderà.

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