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Se vuoi vedere cosa si prova a stare fuori a meno sette oggi è la giornata giusta. Ci sono posti al mondo in cui con questa temperatura i bambini trascorrono l’intervallo a tirarsi le palle di neve. Qui da noi, invece, a scuola ogni stranezza meteorologica costituisce un pretesto per passare le ore di lezione a guardare fuori dalla finestra che succede e a discutere della varietà del tempo con la maestra. Nei giorni di festa, invece, se diluvia Stefano trascorre il tempo in casa a disegnare facce con le espressioni più bizzarre che ha visto nelle foto sui giornali. Gioia, stupore, dolore, paura, serietà. Persino la morte, come al solito, una condizione che nel futuro (e mi riferisco al momento in cui sto scrivendo) i media mostreranno con un’etica tutta loro ma, negli anni in cui Stefano è poco più che un bambino, facilmente si trova stampata in bianco e nero sulle prime pagine dei quotidiani, spesso con didascalie che riconducono a un fenomeno che i più chiamano terrorismo. Disegna una faccia per pagina su un vecchio quaderno a quadretti grossi e poi sotto si inventa il nome. Dicono che Stefano stia crescendo ma lui non capisce bene che cosa questo comporti. Ma mentre stacca gli occhi dal foglio per prendere dall’astuccio un pennarello di un colore diverso e guarda verso la finestra l’acquazzone che non dà tregua, sente che qualcosa sta cambiando dentro di sé ma, a differenza delle facce, è difficile da rappresentare. Dicevo che se vuoi vedere cosa si prova a stare fuori a meno sette oggi è la giornata giusta. A me, più di ogni altra cosa, ha stupito il fatto che stamattina il parabrezza della macchina non fosse nemmeno ghiacciato, che l’aria si sentisse come ieri e come il giorno prima, così asciutta da seccare le labbra e che il sole, tutto sommato, scaldasse il viso anche senza chiudere gli occhi e sollevare il mento verso i suoi raggi.

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