i vicini di casa

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Il proprietario del negozio di abbigliamento “Sandra” è uscito da casa sua sorretto dagli infermieri che lo hanno soccorso. Cammina barcollando visibilmente da sembrare brillo, con metà della camicia bianca fuori dal completo e i capelli bianchi dritti sulla testa in quel modo in cui ti si sollevano quando c’è vento. Qualcuno l’ha atteso nell’androne del condominio e lo ha aggredito senza tanti complimenti, i più diranno per rapinarlo ma non sono pochi nel quartiere che pensano ci sia qualcosa sotto. Visto dalla finestra di casa mia, al quinto piano del palazzo di fronte, sembra una gag di quel comico in voga che deve il successo a certe mosse da molleggiato e a un numero in cui si infila una tazzina di caffè (vuota) in bocca. C’è anche la Polizia a fare il suo dovere, tra qualche curioso, l’ambulanza in attesa e quel giornalista della radio locale, militante di Lotta Comunista, che passa la sua vita nel suo studio poco più avanti. Gli agenti invece non fanno caso al motorino rosso parcheggiato a bordo del marciapiede, che è quello che Gianfranco utilizza per nascondere le dosi di eroina da smerciare ai suoi clienti. È un Boxer con il sellino lungo e difettoso che basta alzarlo per rifornirsi e lasciare i soldi. Il traffico lo hanno notato tutti, chissà se anche le forze dell’ordine ne sono al corrente anche se Gianfranco, altrettanto tossico come i suoi clienti, tutto sommato è un pesce piccolo. Gianfranco ha un cognome che fa inutilmente rima con il nome, nel senso che una così palese assonanza la si poteva tranquillamente risparmiare ma si sa, la perfidia di certi genitori spesso non ha limiti. Forse si è dato alle droghe pesanti proprio a causa della frustrazione provata lungo anni di prese in giro. Abita proprio a fianco del gestore di Sandra e lavora (nel senso di lavorare sul serio) nella ferramenta di famiglia proprio di fronte a casa. La cugina di Gianfranco frequenta la mia stessa scuola media e la trovo molto carina. “Sandra”, invece, nel senso dell’esercizio commerciale, non è nemmeno degno di essere ricordato. Smercia roba dozzinale per massaie di provincia e persone di una certa età. Il proprietario dopo qualche anno dall’aggressione tra l’altro ha chiuso tutto e al suo posto ha aperto un negozio di abbigliamento per i giovani dei primissimi anni 80. Salopette con dei ghirigori ricamati e quelle magliette che sembrano il monoscopio delle prove tecniche di trasmissione della tv a colori che non hanno ancora tutti ma che a posteriori riusciamo a ricordare come la vera rivoluzione culturale di fine novecento. Ha un’insegna molto pretenziosa, considerando il posto, ed è gestito da un tizio fulminato che, secondo alcuni, ci dà dentro con la cocaina.

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