nel caos

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Vi ricordate quel posto, mi pare fosse in uno stato del Midwest, da cui hanno lanciato la moda delle lapidi con lo schermo integrato e una specie di sistema di digital signage che trasmette in loop una raccolta di video e foto in modalità slideshow del defunto? Nino deve pensare a storielle di questo tipo se vuole vincere quella depressione mattutina che lo assale al risveglio e lo accompagna per la prima parte della giornata. Ha provato puntando la sveglia alle cinque ma è peggio perché questa forma di scontento è già lì che lo incalza nemmeno fosse il gatto di casa e ridurre il sonno per sorprendere l’ostacolo prima che si manifesti in fondo non serve a un cazzo. Non solo. A quel punto è impossibile riaddormentarsi quindi tanto vale andare in ufficio prima. Facile a dirsi. In questo periodo, poi, Nino deve scontrarsi con il caos di cui il nostro paese è vittima. La gente non ha più voglia di guidare i treni, di raccogliere la frutta, di firmare contratti, di giocare alle tre carte, di raccontare le cose agli amici, di cambiarsi i calzini, di ricaricare i telefoni, di seguire le istruzioni, di camminare piano, di riconoscere i deja-vu quando si manifestano. Nino ha un elenco di cose di cui lamenta l’assenza lungo così. Quando me lo ha scritto da pubblicare qui ho cercato di tranquillizzarlo. Gli ho raccontato quella barzelletta del tizio che, arrivato al capolinea col treno delle sei, non ne voleva sapere di alzarsi perché gli avevano detto che quelli che non si alzano per tempo per scendere non hanno nessuno che li aspetta a casa.