ancora tu

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Lavoro qui ormai da sedici anni e, in tutto questo tempo, ho incontrato e parlato con centinaia di persone, un valore difficilmente quantificabile considerando che non di tutti conservo i biglietti da visita. Ne tengo un bel mazzetto qui in ufficio che può essere considerato una ragionevole quantità di partenza per un calcolo di questo tipo. La stragrande maggioranza di questi contatti risiede o gravita in aziende di Milano e dintorni, una buona parte è distribuita in tutta Italia, una percentuale minima è ubicata in Europa ma, dal momento che non solo il mondo è grande ma la città metropolitana stessa in cui vivo e lavoro, vi posso assicurare non ho mai incontrato per caso nessuno di questa massa di persone al di fuori del contesto professionale in cui ci siamo conosciuti.

Non mi è capitato mai di incrociare nemmeno uno delle centinaia di responsabili ICT (lavoro nel campo della tecnologia, in ambito marketing) conosciuti per lavoro in pizzeria, al supermercato, al cinema, a spasso per la città, sui mezzi pubblici, davanti a un quadro di un mostra a Palazzo Reale. Alcuni li ho visti più volte, ma sempre in contesti legati alle reciproche attività. Una mole di persone che esistono solo per quello che fanno – me compreso nei loro confronti – e, al di fuori della causa originaria, reciprocamente invisibile. Tra l’altro ci tengo a specificare che nei rapporti umani ci so abbastanza fare e, chi più o chi meno, ho sempre trovato tutti molto disponibili e collaborativi.

Ma, a dire la verità, in questo ampio insieme di persone ce n’è una, un uomo, che invece ho detestato a pelle da subito, sin dalla prima volta che ci siamo visti. Per lavoro l’ho incontrato tre volte a distanza di molti mesi l’una dall’altra e per lo stesso progetto, che è durato così tanto proprio per colpa sua e per il suo carattere di merda.

Il responsabile sistemi informativi di un’organizzazione con sede a Milano, antipatico e presuntuoso come pochi che, in quanto fanatico di open source, non sopportava il fatto che, per volontà del suo superiore, dovesse prestare il suo nome e la sua faccia come endorser – al mio cospetto – di una nota multinazionale americana dell’informatica. Bene, questo tizio è l’unico in cui, esaurito il motivo per cui dovevamo necessariamente vederci, mi è successo di imbattermi in seguito. Una volta su un binario della Stazione Centrale in attesa di un Frecciarossa, la seconda in attesa del reciproco turno al pronto soccorso, la terza si è manifestata qualche sera fa nel dehors di un pub di Lambrate, entrambi dietro una birra, seduti in tavoli diversi, per cercare conforto al caldo estivo. Il tutto facendo finta di niente, l’un l’altro. Ci dev’essere un motivo in tutto ciò, anche se – per quanto mi sforzi – proprio non ne vengo a capo.