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Se volete togliervi la voglia di western vi consiglio la visione di “Godless”, la serie tv disponibile su Netflix che ho terminato proprio ieri sera e, spoiler a parte, vi assicuro che l’ultima puntata è una specie di apoteosi del genere quindi, se vi piacciono le storie sui cowboy, correte subito ad accendere la tv. Vi risparmio lo spiegone con tutti i dettagli sulla serie che potete facilmente guglare, inutile ripetere cose che gente più informata di me ha già scritto e riscritto. Mi limito ad alcune considerazioni e spero che i più volenterosi tra di voi le possano ricondurre nell’insieme a una sorta di recensione.

E allora, dato che sono un inguaribile ottimista, partiamo dal voto che per me è un bel dieci e lode. Vi dico solo che tra gli ideatori risalta il nome di Steven Soderbergh e che tra i protagonisti c’è Jeff Daniels che, dopo aver seguito “The Newsroom”, è balzato nella top ten dei miei attori americani preferiti. E sappiate che nessuno, in rete, vi racconterà le citazioni più evidenti (ovvero quello che un incompetente in ambito cinematografico come me è riuscito a malapena a recepire) presenti nelle ultime puntate.

La prima è a opera di Roy Goode, interpretato da Jack O’Connell, che racconta di aver trovato la tomba di suo padre morto più giovane dell’età che ha Roy al momento della scena. Come non ricordare il racconto di Paul Benjamin nel film “Smoke”, alias William Hurt, il cui protagonista si imbatte nel corpo intrappolato in perfette condizioni nei ghiacci del padre, scomparso quando il protagonista era ancora bambino, e riflette sul fatto di vedere sé riflesso nel genitore morto più giovane?

La seconda citazione riguarda “La ferrovia sotterranea”, la “rete informale di itinerari segreti e luoghi sicuri utilizzati dal XIX secolo dagli schiavi neri negli Stati Uniti per fuggire negli stati liberi e in Canada con l’aiuto degli abolizionisti che erano solidali con la loro causa” (ho fatto copiaincolla da Wikipedia Italia, grazie per essere tornato online). Non vi rivelo il momento per non rovinarvi la sorpresa, comunque se siete freschi di lettura dell’omonimo libro di Colson Whitehead vi andranno gli ormoni della cultura (ammesso che esistano) a mille.

Infine il finale, perdonate il gioco di parole, che tra la megasparatoria e il duello sembra proprio un tributo al cinema di Tarantino. Quindi niente, sbrigatevi a vedere “Godless” e a tornare qui per parlarne insieme.