archelogia digitale

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In una folder tutta impolverata nascosta dentro un vecchio hard disk da una manciata di giga, uno di quelli che solo quindici anni fa sembrava infinito ed eterno, ho rinvenuto una serie di reperti digitali personali di cui avevo completamente rimosso l’esistenza. Nell’ordine:
– una serie di fotomontaggi che consentiva uno dei tanti siti divertenti e ingenui dell’epoca, visto con l’occhio del duemila e diciotto, grazie al quale caricavi una tua foto e ti restituiva la tua versione anni 50-60-70-80 da annuario di college americano
– alcune vignette di ElleKappa contro Berlusconi (bei tempi comunque, rispetto a quello che passiamo oggi)
– vestigia grafiche dei primi passi nel mondo dell’ironia su Internet con trovate del calibro dell’Arbre Magique alla fragranza di cassouela
– la scannerizzazione della ricevuta di un bollo auto pagato nel 2004
– una sequenza di jpg di Jean Seberg tratte dai suoi film più famosi
– uno screenshot di Google Map con la mia vecchia casa di campagna vista dall’alto, la cascina in cui ho passato tutte le mie estati da bambino che purtroppo non mi appartiene più
– alcune locandine di concerti di una band in cui militavo all’epoca
– tante copertine di dischi, mi chiedo il motivo per cui le scaricassi per salvarle in locale
– numerose prove del fatto che ai tempi fossi molto più a sinistra di oggi
– una carta di identità che testimonia che, per alcuni anni della mia vita, sono stato orgogliosamente residente a Genova
– alcuni disegni di Gustavo, il protagonista dell’omonimo cartoon della Hungarofilm che per un certo periodo ha avuto l’onore di farmi da avatar online
– foto che testimoniano che avevo tantissimi capelli e che li avevo piuttosto neri
– lo spartito di Interplay di Bill Evans digitalizzato unicamente per posa dal Real Book
– la prova che Jovanotti ha ascoltato un mio remix di un suo pezzo
– una gif animata di Ian Curtis che balla come un pazzo
– uno scatto che ritrae mia moglie e me prima di sposarci
– la prova che somigliavo abbastanza a Morgan dei Bluvertigo
– qualche famoso quadro futurista, tra cui la mia opera d’arte preferita di tutti i tempi che è di Boccioni
– una posa estremamente provocante di Scarlett Johansson
– uno screenshot di Google Street View che ritrae la Lada Niva amaranto di mio papà parcheggiata sotto casa sua in pianta stabile perché era già molto anziano e iniziava a manifestare quella malattia che poi se l’è divorato e, di conseguenza, aveva smesso di guidare ma della macchina non voleva disfarsene perché prima o poi sarebbe tornato a usarla
– l’invito che avevo preparato per la festa di compleanno dei cinque anni di mia figlia
– e soprattutto la famosa foto di Tom di Myspace insieme a un set di grafica con cui avevo personalizzato il mio profilo su quel glorioso archetipo di social network che, purtroppo, sappiamo tutti la fine che ha fatto. Anzi, ne avevo diverse di identità su Myspace. Credo che oggi nel migliore dei casi siano state smantellate in quanto desuete, nel peggiore saranno state hackerate e distribuiranno pornografia di basso livello a tutti i miei contatti di allora, anch’essi desueti. Vi chiedo scusa, nel caso sia successo.

E la coincidenza è che ho riesumato tutto questo vecchiume a poche ore dal momento in cui ho letto che, finalmente, Google ha messo fine a quel ferrovecchio di Google+. Anche le cose digitali fanno il loro tempo. Sbrigatevi a fare una copia di ogni ricordo che avete qui sopra.

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