l’ora di religione

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Solo oggi mi sono accorto che ho un crocefisso appeso in classe. Non l’avevo ancora notato talmente è piccolo. Si perde a causa dell’importanza della LIM e per il poster didattico con la coloratissima linea del tempo posizionata sopra la lavagna, neutralizzato dal non-colore di cui sono dipinte le pareti dell’aula. Mi sono proprio messo a cercarlo perché mi sono ricordato improvvisamente del dibattito che tale simbolo suscita nella scuola e nella politica italiana, e vi assicuro che non ci avevo ancora pensato prima. Quindi l’ho individuato e ho pensato che se ci ho messo più di due mesi di lezioni ad accorgermene la sua presenza è, a tutti gli effetti, più che defilata, o forse non ci ho mai fatto caso perché è un elemento a cui sono abituato da sempre ma i miei alunni che non fanno religione perché osservanti di credi diversi – o agnostici per volontà dei rispettivi genitori – magari ne hanno rilevato la presenza sin dal primo giorno. Stavo ascoltando uno dei ragazzi leggere una paginetta sull’universo, una robetta da niente, e uno dei soliti che sa che facendomi delle domande difficili si perde tempo utile per la didattica mi ha chiesto in che cosa fosse contenuto l’universo, nel mezzo di un esercizio in cui occorreva rappresentare in un sistema di insiemi in ordine crescente la Terra, il Sistema Solare, la Via Lattea e quindi l’infinito che ci accoglie. Ma l’universo ha un involucro? E, se ce l’ha, è Dio o Gesù o una delle numerose divinità in nome delle quali gli esseri umani compiono genocidi sin dai tempi della vita nelle caverne? La risposta me l’ha data un articolo che ho letto poco dopo, mentre riposavo le orecchie dopo quello che chiamo il mensa-inferno. Sembra che un borgo del centro-Italia debba intitolare a qualcuno un nuovo plesso appena costruito e la giunta neo-eletta (catto-salviniana, savasandir) ci terrebbe tanto a un alto prelato locale che – guarda un po’ – aveva molto a cuore i bambini e per questo sembra che non desse molto peso a quelli che si dilettavano con un pericoloso spin-off di questo orientamento. Ma lo sapete come vanno queste cose, siete donne e uomini (e preti) di mondo. E mai come ora non bisogna di fare di ogni erba un fascio, anche perché chi ne distingue più i contorni? Poi ci ha pensato uno dei miei alunni a chiudere il cerchio, esasperandomi con una serie di reiterate richieste a tal punto da condurmi fino al limite di quel baratro in cui si rischia di nominare divinità invano, accostate ad aggettivi indiscutibilmente qualificanti, più che qualificativi. Ho cercato quindi di ricordare quale pedagogo della didattica inclusiva consentisse questo genere di atti liberatori durante le ore di lezione, ma al momento mi sfugge ancora il nome e nemmeno Google riesce a essermi di aiuto.

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