informatici contro ammogliati

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Il mondo si divide sostanzialmente tra i tecnici che, quando leggono “PIN dispositivo”, pensano a un codice numerico utile a sbloccare o ad accedere a un pc, un tablet o uno smartphone, e la gente normale che ha capito l’accezione con cui certe istituzioni impongono l’uso di un codice – altrettanto numerico ma tutt’altro che user-friendly – che permette agli utenti di effettuare disposizioni. Semplice, no? Quando i tecnici finalmente comprendono quello che per l’altra metà del pianeta di madrelingua italiana era un processo logico naturale cascano dal pero perché le parole sono importanti, come diceva quel famoso regista, e il fatto di ritagliarsi un dizionario tutto proprio con significati a sé, frutto di esclusivi rapporti professionali, è foriero di equivoci. Basso livello non è un giudizio negativo, si può programmare senza arrivare a un termine, la banda non suona il rock, sul bus si può parlare al conducente e basta un tab per evadere da una cella.

Ma anche quelli che sono a metà tra i due mondi, come me, ci hanno messo un po’ a comprendere il senso del PIN dispositivo e ancora di più a chiedersi perché, chi lo ha inventato, ha deciso di chiamarlo così. Per ovviare ogni dubbio bastava uno di quei nomignoli che si danno per delineare un’informatica e una tecnologia dal volto umano. MyPIN, PIN+, PINstruction o una cosa di questo tipo. Un nick che ricolleghi il PIN dispositivo a un numero strettamente personale, fondamentale a fornire il proprio consenso e a impartire operazioni ufficiali. Uno sforzo in più per far sentire i tecnici persone come tutti noi.

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