uno due tre casino

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C’è un format tv (americano, inutile che ve lo dica) in cui dei tizi partecipano a un’asta per aggiudicarsi il contenuto di un box senza sapere che cosa ci sia dentro. Il gioco consiste proprio nello scommettere quale sarà il delta tra l’offerta che supera le altre e che cosa si vedrà una volta aperto il portellone, quindi se c’è stato un guadagno o una perdita per il vincitore e di quanto. Se anche voi avete un box converrete con me che la questione è delicata. I box sono spazi in cui, spesso, c’è una vita messa in storage, per dirla come la direbbero quelli che partecipano al programma di cui parlavo sopra. Tante cose che si accumulano con il passare degli anni. Maggiore è il numero degli anni, direttamente proporzionale sarà il rischio di fare confusione nell’associarle con dei ricordi. E la nostra testa funziona un po’ così. Ma se non c’è il rischio di superare il limite di capacità nel mettere in memoria esperienze e sensazioni, verso la senilità ricondurre un determinato contenuto della memoria al momento in cui siamo stati chiamati a trasferirlo lì – quindi a cosa ne ha causato la nobilitazione a particolare degno di essere memorizzato – risulta più complesso. Ce ne sono tanti, troppi, e se esistesse un programma tv in cui la nostra vita ricordata fosse messa all’asta il fortunato o sfortunato concorrente, aprendo la scatola, si troverebbe di fronte a un caso di quei disturbi dell’accumulo che, a loro volta, sono spettacolarizzati in un’altra trasmissione televisiva (anch’essa americana, inutile che ve lo dica, d’altronde il trash l’hanno inventato loro). A volte ci proviamo a fare un po’ di ordine, vero? Succede talvolta nel dormiveglia. Notiamo un particolare che affiora, riusciamo a isolarlo per verificare di cosa si tratta, come per magia esce fuori la storia completa che però, nella meraviglia del momento, ci proietta più verso la parte del sonno, se siete più giovani di me è meglio che vi prepariate perché anche per voi funzionerà così. Quasi sempre la storia è di tanto tempo prima e, scivolando nell’oblio, si palesa nella sua completezza, con un inizio e una fine e, un po’ come avviene nei sogni, ci trasferisce di sana pianta in una dimensione parallela. Ma c’è sempre qualcosa, un fremito, un rumore, uno scossone che ci riporta vivi e vegeti nel presente. E la distanza che ci è possibile misurare con ciò che abbiamo appena provato risulta ancora più incolmabile.

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