senza freni

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In quel periodo Carlo si sentiva tutt’uno con la sua macchina. Di certo passava molto tempo, per lavoro, al volante. E così, guidando, ritraeva il corpo contro il sedile nel caso di brusche frenate. Si accorgeva di far fatica e di un incremento del battito cardiaco quando premeva sull’acceleratore per affrontare le salite, appagando il senso di sfida una volta raggiunta la cima per poi godersi l’aria sul volto scendendo rapido il versante opposto, malgrado il parabrezza. Gli sembrava che fosse sufficiente inclinarsi a destra e a sinistra con il corpo per curvare o cambiare corsia. Abbassava la testa ogniqualvolta transitava sotto un ponte o un passaggio dall’altezza regolamentata, benché protetto dall’abitacolo. Gli veniva voglia di prendere a pugni il volante nei momenti meno felici della sua giornata. Armonizzava le canzoni trasmesse all’autoradio e, se le lunghe code lo permettevano, accarezzava la leva del cambio e seguiva con le dita i solchi dell’incisione sulla manopola come se vabbè, ci siamo capiti.

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