per grazia ricevuta

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Poche cose mi mettono a disagio come incontrare i prof di mia figlia in colloquio. Fosse per me non andrei mai ma, ora che sono insegnante, so che fastidio provocano da questa parte della barricata le famiglie che si dimostrano disinteressate. I genitori di quelli che vanno bene a scuola passano per persone presuntuose che non hanno bisogno di confronto tanto i figli non hanno problemi. I genitori di quelli che hanno problemi passano per gente che non riconosce l’autorevolezza della scuola tanto la promozione a fine anno, nell’arco di una vita, non ha nessun impatto.

Lo stato d’animo che mi mette il ricevimento – come padre – è un macigno di cui è facile individuare le diverse componenti. Con la prof di matematica, materia in cui mia figlia è decisamente scarsa, mi ritorna su l’angoscia della mia prof di questa materia al liceo perché ha, proprio come lei, l’approccio tipico della prof di matematica. Quella di mia figlia poi è molto più giovane di me, un aspetto che rende meno accettabile la condizione di inferiorità nei suoi confronti. Lo so che, come direte voi, a cinquant’anni suonati le possibilità di trovarsi di fronte gente più vecchia si riducono sensibilmente, ma questo è un complesso a cui non so resistere.

La prof di italiano invece indossa gli anfibi con i jeans e ha i capelli rossi, ma malgrado questi espedienti si vede che grosso modo siamo coetanei. Con lei finisce sempre che non concludo mai come vorrei. Mi piacerebbe essere uno di quei padri che minaccia, sfida, esautora, fa ricorso al TAR per il voto insufficiente, ma poi finisce che convengo con il/la collega che il problema risiede nell’inadeguatezza del sistema scolastico come vettore di soft skill e competenze, cosa che non vuol dire un cazzo ma funziona sempre quando ci si trova in imbarazzo con qualcuno del mestiere e occorre accomiatarsi senza rischiare ritorsioni sugli alunni. Quello di latino e greco è il mio preferito perché, malgrado la sua semplicità e la tendenza a banalizzare le dinamiche tra adulti e ragazzi, ha dimostrato una sensibilità oltremodo efficace con la classe tanto da giovare enormemente con mia figlia.

Sabato invece incontrerò per la prima volta la prof di scienze che, a detta di qualcuno, porta sempre con sé un po’ dell’odore degli esperimenti che si fanno in laboratorio ma sono sicuro che si tratta di una di quelle cattiverie che diffondono gli studenti delusi. È arrivata quest’anno e fa studiare su delle slide che prepara lei. Si tratta di un metodo che ha avuto un indice di successo bassissimo. I ragazzi infatti intendono i bulletpoint di cui si compongono le singole schermate come il testo da sintetizzare per apprendere le informazioni, riducendo ulteriormente all’osso ogni argomento. Non hanno capito che il procedimento da adottare è invece il contrario: le frasi di cui si compongono le slide sono i keyframe intorno ai quali occorre ricostruire un discorso più ampio. Il risultato di questa incomprensione (la responsabilità della quale, a parer mio, va ricondotta alla docente che è stata ambigua nella presentazione del metodo) è che c’è stata una strage dalla quale fanno fatica a rimettersi in sesto.

A questa variegata collana di sensazioni va aggiunta poi la stizza della scarsa disponibilità di orari del corpo insegnanti al ricevimento parenti. Solo un’ora alla settimana e di mattina. Mi sembra un privilegio immotivato, considerando che noi della primaria aspettiamo i genitori sino alle otto di sera. Non è corretto.

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