di una bellezza incredibile

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Se riuscite a resistere ai primi due episodi è quasi fatta, perché poi, spinti dall’ansia e dal desiderio che sia resa giustizia, la serie “Unbelievable” più che andare in discesa si lancia giù in caduta libera. Il modo in cui si parla di stupro, nella fase iniziale, è più che disturbante. Io addirittura sono uscito da Netflix e mi sono messo a fare altro a metà del primo, lasciando che qualcun altro proseguisse per me. Poi mi hanno rassicurato e così mi sono fatto forza. Ho pensato che, se si tratta di una storia vera, alla fine qualcuno pagherà per tutto quel male. Inutile che vi consigli di non perderla. L’impatto però è così forte che, da un certo punto in poi, sopravviene il distacco del detective, del coroner e delle altre figure che lavorano sul crimine e si punta tutto sul riscatto in tribunale, non so se mi spiego. Non solo. Questa razionalità con cui l’atto più feroce che può subire un essere umano di sesso femminile viene dissezionato lungo la trama al fine di operare una decostruzione del profilo di un maniaco lucido e consapevole è portata all’estremo dal contrasto dello show del thriller con la normalità delle protagoniste. “Unbelievable” è un romanzo corale narrato a più voci di donna, e la perfezione con cui le attrici scelte in tutti i ruoli – vittime, investigatrici, comparse – non superano la soglia della bellezza in eccesso a cui la fiction ci ha reso usi è un segnale per farci riflettere. Nessun volto o corpo da modella stratosferica, per intenderci. Gente che sembra presa dalle proprie case, dal proprio lavoro, dalle solitudini e dagli sbagli degli altri e messa lì a farci capire che la realtà non è fatta di milioni di like su Instagram per delle foto in costume da bagno. La vita sono i solchi che ti fa in faccia, anno dopo anno, dolore dopo dolore.

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