servitù bruciata

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Il tragitto quotidiano che percorro in auto per recarmi a scuola comprende un tratto di strada provinciale che incrocia, in senso perpendicolare al mio, la via di accesso a un istituto alberghiero. La mattina, all’andata, sono spesso rapito dalla fiumana di ragazzi che si affretta per non far tardi all’inizio delle lezioni, i loro orari coincidono con il mio. Mi fermo al semaforo e li osservo attraversare la strada. Sono studenti delle superiori come tutti gli altri. L’unica differenza è che indossano tutti una divisa scolastica, proprio come quelle che si vedono nei film e nelle fiction. I maschi vestono un completo scuro con la cravatta bordeaux. Le ragazze idem, con la differenza che mettono una gonna sotto al ginocchio. Un aspetto che mi colpisce è che poi i più originali personalizzano la divisa abbinandola con scarpe di foggia particolare – ma sempre in linea con il resto, probabilmente le linee guida sulle calzature riguardano solo il colore – oppure ostentando modernissimi gadget hitech weareable che creano un affascinante paradosso con l’obsolescenza concettuale del resto delle cose che hanno addosso. Facile immaginare l’obiettivo della scuola: chi sceglie l’alberghiero deve imparare la forma mentis di chi, per lavoro, dovrà mettersi al servizio senza compromessi. Un’attitudine che si sviluppa più velocemente soffocando l’individualità con un abbigliamento uguale per tutti, una filosofia che ai tempi delle tute blu cinesi era fin troppo eloquente. Oppure pensate a qualunque ordine militaresco: non ci sono persone ma solo articoli dello stesso tipo dentro i quali battono cuori e lavorano cervelli dotati di una sorta di normalizzatore che livella i comportamenti, le aspirazioni, le passioni, gli impeti e gli slanci. In divisa si dice più facilmente signorsì e si conferisce a chi va al ristorante o soggiorna in un hotel l’idea che se hai bisogno puoi rivolgerti indistintamente a chiunque si contraddistingua per un determinato colore societario. Sul treno il controllore lo individui subito perché è blu e ha il cappello. Se vuoi una seconda bottiglia di vino basta che dai un’occhiata in giro e capisci subito a chi rivolgerti. E questo e bene impararlo sin da piccoli.

Un pensiero su “servitù bruciata

  1. Anche io ho sempre visto così la divisa, pensandola come “uniforme” che appunto uniformava le menti e appiattiva le coscienze.
    Poi mi è capitato, ormai 10 anni fa quindi non escludo siano cambiate le cose, di insegnare in Turchia, dove le divise scolastiche venivano passate dallo Stato, per agevolare anche chi non aveva niente e permettergli di andare a scuola. Solo allora ho capito che in certi casi la divisa può essere anche accoglienza. Un abbraccio

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