prendila con filosofia

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La nuova prof di italiano e latino di mia figlia sembra essere un’insegnante molto esigente e, come dicono i ragazzi, stretta di voti. Il terzo anno del liceo classico – quello che una volta era il primo dopo il biennio ginnasiale – comporta un salto di qualità e, soprattutto, di quantità nella richiesta agli studenti. A questo corrisponde un’offerta didattica di altro livello rispetto al ciclo precedente.

Il docente di filosofia e storia, al contrario, sembra essere molto più accomodante e, per dirla con un termine di moda fuori e dentro i corridoi scolastici, inclusivo. Sfoggia un metodo innovativo basato sul confronto tra passato e presente volto a contestualizzare la filosofia antica alla modernità, applica la metodologia della classe capovolta e riconosce aspetti quali impegno, cultura generale, lessico, competenze di orientamento nello spazio e nel tempo storico con voti anche alti. Non che con lui non volino i due, eh. Siamo comunque sempre in una cattedrale della civiltà che ci ha dato i natali. Però riconosce l’esito positivo delle interrogazioni applicando la scala dei valori di valutazione nella sua quasi estensione. Se i voti vanno da zero a dieci, d’altronde, perché non usarli?

Ma non è questo il punto. Questo duplice – per non dire schizofrenico – aspetto della stessa offerta didattica in una sola classe mi ha fatto riflettere su un fatto. Se lavorate nella scuola o avete a che fare con l’istruzione sarete a conoscenza della mole di documentazione che i docenti sono chiamati a produrre. Da quando qualcuno ha deciso che la scuola doveva somigliare il più possibile a una qualsiasi altra organizzazione finalizzata alla produzione – nel nostro caso il sapere e il suo innesto nella scatola cranica dei ragazzi che la frequentano – gli operatori del settore producono un quantitativo di reportistica e documentazione che, in confronto, la certificazione della qualità di tutte le fasi di un processo industriale qualunque è un block notes con qualche pagina a quadretti scarabocchiata.

In realtà la reportistica e la documentazione che produciamo a scuola – sia in backend che in frontend – è tutta fuffa. Fingiamo di compilare pagine su pagine per descrivere quello che facciamo e le motivazioni per cui lo facciamo. In realtà non facciamo altro che copiare frasi fatte da modelli compilati su frasi fatte uscite da qualche commissione ministeriale che ha dato delle linee guida per avviare un processo di industrializzazione dell’attività di chi va in classe a insegnare. Avete mai letto i giudizi che scriviamo sulle pagelle dei vostri figli alla scuola primaria? Abbiamo dei file in Word con tutto pronto e dobbiamo solo scegliere le frasi più adatte per ogni nostro studente. Per farlo ci mettiamo molto più tempo che se dovessimo personalizzare i giudizi individualmente scrivendo cose sicuramente più sentite e interessanti per i genitori, ma questo metterebbe a rischio la nostra posizione perché comporterebbe il pericolo di allontanarsi dalle linee guida ministeriali e dal lessico tecnico del settore.

E il bello è che ci si vede ogni settimana, ci si confronta, si programmano persino le verifiche uguali per tutte le classi ma poi, e ne sono più che sicuro, ogni insegnante, suonata la campanella, fa quel che vuole. Con il risultato che non solo nello stesso liceo, ma nello stesso team della classe di mia figlia ci sono due prof che applicano metodi e criteri differenti, per non dire opposti. Pensate se in una fabbrica manifatturiera ogni operaio fosse libero di seguire il processo più consono alla sua indole. E non sono così sicuro che se a scuola ci fosse un responsabile didattico per ogni classe, o per ogni sezione, uno che deve assicurarsi che tutti seguano la stessa linea altrimenti è lui il primo a rischiare il posto – come un qualsiasi project manager di una qualunque azienda manifatturiera – si minerebbe la libertà di insegnamento e altre cose che tiriamo in ballo quando si cerca di fare un po’ di ordine nella scuola italiana. Che se, davvero, fosse la migliore del mondo, come si spiegherebbe che gli italiani sono messi così male?

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