le cose, come stanno

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La mia vita è fatta di piccole ossessioni. Una di queste prevede che ogni cosa sia sempre al suo posto. Un accorgimento che investe anche le persone: gli adulti al lavoro, i bambini e i ragazzi a scuola, ogni giorno e seguendo una regola sociale di facile applicazione, considerando che è sufficiente attenersi alla normalità. Se non trovo l’adattatore della caffettiera elettrica che riduce la capienza del filtro da quattro a due tazzine e che deve stare nel pensile a fianco del barattolo del caffè inizio a preoccuparmi. Potrebbe già trovarsi nella caffettiera dal precedente utilizzo o, come è successo un paio di volte, qualcuno potrebbe averlo gettato per errore nella spazzatura svuotando il filtro, non accorgendosi della sua presenza. Stessa cosa se non c’è la schuko nella spina del tostapane. In casa ne abbiamo qualcuno in meno rispetto al bisogno, mentre i dispositivi con l’attacco tedesco sono la maggioranza, e io non mi sono ancora arreso all’assenza di uno standard globale su queste cose. Inizia così l’ispezione dell’estrattore, dell’alimentatore del notebook, la scopa elettrica e persino l’asciugacapelli per rintracciare l’ultimo che ha usato la schuko del tostapane senza riporla al suo posto, alla fine. Il fatto è che è una vita che mi dimentico di comprarne altre, proprio non mi viene in mente e non ho mai scritto sulla lavagnetta in cui si segnano i prodotti di cui c’è necessità di acquistare qualche adattatore schuko. Magari averne scritto qui cambierà qualcosa, chissà. Il punto è che questi piccoli disagi diventano assillanti se declinati sulle persone. Se mia figlia, per qualche motivo, non è dove deve stare, e cioè a scuola, inizio a sudare freddo. Mi dà persino fastidio se qualcuno dei miei alunni è rimasto a casa e non ho la classe al completo. Io stesso non ho fatto nemmeno un’ora di assenza in aula, nemmeno quando ho avuto l’influenza, un comportamento già sconveniente di per sé, figuriamoci oggi ai tempi del Coronavirus. L’ordine delle cose dev’essere mantenuto e rispettato. Scrivo tutto questo mentre la Regione Lombardia ha emesso un’ordinanza per chiudere tutti i luoghi pubblici, compresi i plessi scolastici, come cautela al fine di evitare una massiccia diffusione delle infezioni. L’idea che nessuno, per una settimana, sarà dove deve stare mi manda in tilt. Spero che mi sia di lezione.

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