intermezzo – day #31

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Il prof di storia e filosofia di mia figlia ha trovato un sistema per rendere le sue lezioni a distanza più efficaci. Quando la situazione si fa tesa e gli studenti, oltre all’essere davanti a un dispositivo, iniziano a patire anche la complessità delle spiegazioni, fa un intermezzo e mette un po’ di musica. A mia figlia piace molto questa cosa e si precipita da me per dirmi la selezione della giornata. “Papà, ha messo i Wu-Tang Clan!”. “Papà, ha messo i Rage Against The Machine”. Oppure mi chiama “Papà, corri! Chi sono questi?” e così devo dare fondo alla mia cultura reggae, ferratissima per la roba roots/Studio One e sul reggae inglese fine 70/primi 80, lacunosa dagli anni 90 in poi. Nella stessa classe ma agli antipodi per etica professionale, la prof di chimica ha aspettato quasi un mese prima di decidersi ad accendere il computer – sempre che sia capace a farlo – e a mandare qualche indicazione sul programma da seguire. Io l’ho conosciuta perché da settembre mia figlia non ha preso ancora una sufficienza. Mi ha incontrato all’ingresso della scuola durante il suo turno di sorveglianza nell’intervallo, l’unico giorno della settimana in cui il mio lavoro mi permette di gestire i colloqui con i docenti. Si è presentata senza nemmeno portare qualche materiale a supporto e dimostrarmi quello che so, e cioè che – proprio come suo padre – mia figlia nelle materie scientifiche proprio non è capace. Ma, credetemi, non biasimo la sua insegnante. Avrà sessant’anni, chissà da quanto lavora nella scuola, comprensibile che abbia tirato i remi in barca. Posso immaginarla, così, in una situazione di emergenza didattica e, a quanto ho capito, nella totale inadeguatezza con le nuove tecnologie. Nell’insieme, comunque, sta andando meglio del previsto, e parlo per l’esperienza di didattica a distanza di mia figlia, una sedicenne nel fiore della vita costretta 24×7 in casa con i genitori senza vedere nessuno. Oltre al prof dj ci sono quelli che suggeriscono film, libri, approfondimenti su Internet, e vedo in lei un diverso approccio alla scuola. Zero stress dovuto all’assenza di verifiche, più slancio nello studio, ora meno pressante e contingentato da tempi serrati, possibilità di riflettere più tempo sulle cose, anziché dover imparare tutto subito per poi dimenticarsene la settimana dopo con l’argomento successivo. Un sistema che fa acqua da tutte le parti. Spero che, tra le lezioni che impareremo dall’esperienza di reclusione da pandemia, ci sia anche questo. Una scuola più orientata al piacere della scoperta e dell’apprendimento, ai modi e al dialogo, alla crescita delle menti anziché alla loro coltivazione intensiva con nozioni usa e getta. E, perché no, a qualche intermezzo musicale tra una spiegazione e l’altra.

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