pronti per il bicentenario – day #68

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Tra il 5 maggio 1821 e il 5 maggio 2021, sempre che ci sia data la possibilità di arrivarci sani e salvi, ci sono duecento anni tondi tondi. Alessandro Manzoni venne a conoscenza della morte di Bonaparte leggendo un quotidiano del 17 luglio e scrisse un’ode qualche giorno dopo, un aneddoto che fa sorridere considerando che oggi possiamo sapere in tempo reale se Kim Jong-un è passato davvero a miglior vita o al contrario si stia godendo una meritata vacanza in qualche residenza governativa. La tempestività, che è poi il vero succo del duemila e rotti, è bella e tutto quanto ma poi quando diffonde a tempo record una pandemia da migliaia di morti siamo i primi a commuoverci con gli spot che ci illudono sul chilometro zero. Il Covid-19 ha frammentato il villaggio globale edificato in trent’anni di Internet in un batter d’occhio in miliardi di micro-isole interconnesse, piccoli silos concentrati di vite pulsanti che non ci hanno messo niente a spalancare uno sportello sul balcone per farsi venire la pelle d’oca sulle note di uno dei tanti bocelli della cultura nazional-popolare.

Comunque la villa di Brusuglio dell’autore di ei fu siccome immobile eccetera eccetera è qui a due passi da casa mia. Ci passo davanti quando vado a correre verso il Parco Nord e con l’intento di procurarmi un’infezione virale di letteratura. Respiro a pieni polmoni come se ci fossero ancora nell’aria delle particelle di odi o di passaggi scartati dei “Promessi Sposi” sperando di prendermi una bella botta in corpo di poesia e di narrativa di livello, mica queste minchiate che quelli che come me abbozzano per passare il tempo sperando che uno scopritore di nuovi talenti della narrativa americana sbagli url, finisca qui e ci proponga di scrivere un romanzo storico con i controfiocchi.

Per esempio la storia di due amanti adolescenti che, in barba alla quarantena, si incontrano di nascosto proprio nel parchetto che si apre nei pressi della seconda casa del Manzoni e con una limonata si scambiano il coronavirus che poi distribuiscono ai congiunti fino al sesto grado. Ma la storia finisce bene perché si trattava in realtà di un’influenza come le tante su cui dovremmo fare il vaccino ogni anno, quelle che a febbraio costringono gli insegnanti come il sottoscritto a fare lezione a cinque o sei mocciosi perché tutti gli altri sono a casa con la febbre. A me è successo, proprio quest’anno, e i più malfidenti sostengono che ci fosse già il coronavirus in giro. Comunque poi i due adolescenti, finito il lockdown, si mollano. Sapete come sono i ragazzi, a quell’età.

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