io la chiamerei colonna di mercurio, considerando la stagione

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Solo un veloce aggiornamento della colonna delle stronzate di Repubblica in questo momento:

REPUBBLICA TV / MILANO: Vendola assalito da zanzare “Violano la mia intimità” – TEMA CALDO
LE FOTO DI UNA LETTRICE: Il 118 soccorre e salva un cerbiatto ferito – TEMA CALDO
REPUBBLICA TV / RUSSIA: Il matrimonio è un disastro crollo alle spalle della sposa
REPUBBLICA TV: La barca è portatile pronta all’uso in un minuto
REPUBBLICA TV: Quando il micio chiama impossibile non coccolarlo
LE IMMAGINI / USA: Unicorning, moda estiva posare con testa di unicorno – TEMA CALDO
D / WIKICAT / VIDEO: Dalle ciotole al trasportino fai sentire il gatto a casa sua
LE IMMAGINI / TAIWAN: Maschera facciale per 1213 l’impresa è da record
IL CASO / NUOVA ZELANDA: Troppo grasso, immigrato di 130 kg rischia espulsione

prova la pesca nel torbido, a solo un euro

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Si chiama “Giallo” ed è il nuovo periodico pubblicato da Cairo Editore, sì, lo stesso de La7. Ma con il genere letterario che, qui in Italia, tira più di un carro di buoi credo abbia ben poco da spartire se ciò di cui parla sono i temi sui quali basa la sua pubblicità. Certo, non ho mai sfogliato una pagina di questa nuova rivista ma se devo trarre delle conclusioni dagli spot pluri-trasmessi tra i programmi di informazione di una delle poche reti televisive che meritano di essere ancore seguite, minandone la qualità complessiva, mi sembra davvero una novità di cui avremmo fatto volentieri a meno. Gli articoli citati nella pubblicità rimestano nelle storie più controverse della cronaca nera, quelle che hanno protagonisti ragazzine e adolescenti su sfondo di omicidi, crimini, stupri e violenze per tutti i (cattivi) gusti. Una selezione del peggio dei tabloid – e del peggio del nostro paese – per soddisfare gli istinti più beceri dei malati di informazione deviata, il tutto a un prezzo di sicuro interesse. La cosa mi tocca naturalmente solo di striscio, non ho nessuna intenzione di dedicarmi al culto della morbosità voyeuristica, ma che tra il tg di Mentana e gli approfondimenti di Gruber mi venga formulata una proposta di questo genere mi sembra un’offesa non tanto alla mia integrità di spettatore, mi basta cambiare canale come faccio quasi sempre con la pubblicità, ma poco rispettoso nei confronti di giornalisti del loro calibro. Mi stupisce anche che gli spot siano trasmessi in quella fascia oraria e tra quei programmi, proprio quando il target di riferimento si sollazza altrove con Striscia la notizia, gabibbi e varie amenità. Mi auguro che tutto ciò non sia un oscuro presagio del futuro editoriale de La7. Ce ne accorgeremo con il palinsesto della nuova stagione a seconda di chi sarà confermato e di chi farà le valigie, nel qual caso non sarà un giallo scoprire il perché.

intorno alle sette

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Mettetevi davanti alla tele a guardare uno di quei programmi straseguiti su uno di quei canali dove gli spazi pubblicitari ancora non te li tirano dietro. Gli unici a potersi permettere gli spot in momenti di elevato ascolto sono le case automobilistiche, i telefoni, l’industria alimentare, banche, prodotti farmaceutici e pochi altri. Il guaio è che certi tipi di commerciali sono tutti uguali, soprattutto quelli che puntano ai grandi temi e ai valori universali per poi arrivare a proporti una supposta. No, scherzo, questo sarebbe un caso limite ma, fateci caso, la realtà non è poi così lontana. Il paradosso è comunque alla base della generazione della curiosità. Comunque se vi trovate ad assistere a veri e propri cortometraggi con sequenze di panorami evocativi, volti intenti ad accettare sfide, time lapse metropolitani, asceti in trance, macro di fiori che si aprono alla vita, giovani determinati a costruire il loro futuro a partire da una scelta eccetera eccetera, ecco, state pronti perché potrebbe davvero essere qualsiasi cosa. La BMW, la Barilla, il nuovo sistema operativo Microsoft, Apple, Samsung, Unicredit o simili. Dicevo che mi è capitato pochi giorni fa. Ero seduto con mia moglie e mentre passavano le immagini che vedete qui sotto siamo rimasti tutto il tempo con il fiato sospeso e tutti presi dallo scenario di benessere globale verso cui lo spot a cui stavamo assistendo ci conduceva. Per poi arrivare a destinazione, scoprire il brand, e dirci che la pubblicità è comunque sempre meglio cambiare canale prima.

non ti seguo

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La regola numero uno dovrebbe essere che se ritieni di aver scritto un commento carino a qualcuno o qualcosa o una risposta ilare a un tweet, quando incontri il diretto interessato – ed è una cosa che capita perché le trame del socialnetworking non si dipanano solamente ai quattro cantoni del pianeta ma capita altresì che a essere in contatto con te sia tua cognata, l’ex fidanzata, uno con cui hai condiviso il palco in un pugno di concerti o il tuo dirimpettaio di scrivania in ufficio – se non noti reazioni emotive quali uno scompisciamento dalla risate o più banalmente la questione inerente lo scambio pubblico di battute non viene trattata nei primi minuti della conversazione, è molto probabile che il cerchio non si sia ancora chiuso e il destinatario del tuo sforzo creativo non si sia ancora collegato. “Hai letto il mio commento su Facebook a quello che hai scritto riguardo a” è una cosa che quando la sento tra due persone mi vien da sprofondare perché è il dialogo in differita che smaschera il grande limite dei dialoghi virtuali e corali, il livello di imbarazzo è secondo solo alla richiesta dell’indice di gradimento altrui dopo un rapporto intimo. È bene che i piani se ne stiano ciascuno a casa propria, riprendere a voce pensieri già espressi nero su bianco ne depotenzia la carica quasi quanto spiegare una barzelletta, a maggior ragione se ha fatto ridere. Dicono che la ripetizione plurima delle cose è sinonimo di insicurezza. Allora mi fermo qui, tanto avete capito vero?

uno e trino

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Ci ho messo un po’ alle medie a capire in cosa consistesse il settore primario, quello secondario e quello terziario. E l’ho imparato perché sapevo benissimo che il primario fosse l’agricoltura, ma quando risposi all’insegnante che il secondario era la caccia, lei rise e mi disse che, seguendo il mio ragionamento, il terziario avrebbe dovuto essere la pesca. Ora non ricordo se non l’avessi studiato o l’avessi studiato senza capire, fatto sta che da allora sono sempre riuscito a collocare il lavoro nei campi e quello nell’industria ai vertici dell’operosità del genere umano, ancor prima che dell’economia, proprio grazie a quella figuraccia. E già allora ho capito che il terziario, avanzato per giunta, potremmo lasciarlo da parte perché potrebbe anche essere inteso nulla più di un di cui. Sono i primi due che fanno girare le cose e lo si capisce perché viene un terremoto o una catastrofe naturale e il lavoro non c’è più. Ci sono la solidarietà, gli sforzi per la ricostruzione, la dignità e anche un po’ di sofferenza, e tutto ciò genera sollievo. Ma un capannone che crolla o un raccolto portato via da un’alluvione cancellano in pochi istanti mesi se non anni di sacrifici e un fattore così decisivo per il sostentamento basilare di tutti noi è primario per forza di cose, e più che secondario definirei primario ex aequo anche ogni tipo di lavoro manuale applicato all’industria. E l’aspetto paradossale è che, dopo una catastrofe, resta invece indenne solo il terziario soprattutto verso quella parte di individui che un po’ se ne approfittano perché comunque possono andare avanti a interpretare le altre attività produttive, quelle dei contadini e quelle degli operai, perché anche se sono state spazzate via da un crollo o da un’alluvione è possibile continuare a raccontare le conseguenze, documentare gli avvenimenti, informare e divulgare notizie, dato che parlare del lavoro degli altri, quando il lavoro non c’è più, è l’unica cosa che rimane inalterata.

il caf acli e le coppie gay

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Ragazzi, che svarione che ho preso. Ho visto in tv lo spot delle coppie celebri testimonial della campagna fiscale delle ACLI e ho applicato un metro di giudizio distorto dal fatto che la coppia costituita da mia moglie e il sottoscritto si rivolge a un CAF per la dichiarazione dei redditi. Quindi ho inteso che tutte coppie chiamate a pubblicizzare il servizio, che a quanto leggo sono clienti veri, fossero legate da matrimonio o anche solo conviventi, una famiglia in carne e ossa insomma che utilizza il CAF per compilare il modulo fiscale congiuntamente. Ma questo è, come si suol dire, un film che mi sono fatto io, probabilmente, un po’ sull’onda emotiva. Tanto che di fronte a Romolo e Remo ho avuto un sussulto. Vuoi vedere che c’è qualcuno che per rappresentare la gente comune dà spazio anche a una coppia gay, come ha fatto l’Ikea? E poi un’organizzazione a sfondo cattolico, con tanto di croce nel logo. E non vi dico quando nello spot Romolo e Remo si abbracciano. Ma allora è proprio così, stento a crederci. Uno spot con una coppia gay che promuove servizi per famiglie di un’organizzazione cristiana in prima serata, una pubblicità in cui due uomini entrano in contatto, si scambiano effusioni. Che stia cambiando qualcosa? Poi però, scemato il livello di analisi ottimista, la prima istanza a caldo, ho associato le coppie in carne ed ossa a quelle celebri, in fondo Romolo e Remo erano solo fratelli, a differenza di Renzo e Lucia, e addirittura uno ha ucciso l’altro. Poi Adamo e Eva e Romeo e Giulietta. In che Paese credo di vivere? Sono solo protagonisti della letteratura e della cultura popolare che hanno prestato il nome a una trovata di comunicazione. Ma sarebbe stato bello se l’intento fosse stato un altro, vero?

a uso e consumo

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È facile dirlo come è altrettanto facile non farlo, pensi con la faccia standard di quello che presta attenzione e stringe lievemente gli occhi come a mettere a fuoco con maggior facilità il brief cui sta assistendo che ha il solo problema di essere stato preso alla larga, sin dagli uomini primitivi come si faceva alle medie quando si studiava poco e bisognava inquadrare al meglio almeno lo scenario se non si sapeva l’argomento dell’interrogazione. Qui siamo al lavoro, però, e l’intento è quello di carpire più elementi possibili al fine di giungere a una sintesi suprema, quelle due massimo tre parole che messe in fila dovranno dare vita al claim totale, cinquant’anni di storia aziendale riassunti in un unico fondamentale concetto, filosofia da sito e-commerce per consumatori hi-tech ipersensibili. Si fanno cenni assertivi con la testa, anche a sproposito ma è sempre meglio abbondare.

Così, Tratto Pen in una mano e Moleskine nell’altra, la sicurezza degli oggetti che quando clienti così te li vedono addosso si sentono in una botte di ferro perché sono gli strumenti del mestiere che infondono la serenità di trovarsi di fronte a uno specialista. Nero su bianco, anzi blu nel tuo caso, a mettere in modalità punti elenco – la forma mentis di chi utilizza Power Point anche per organizzare i pensieri lussuriosi – keyword di dubbia utilità, ognuna delle quali potrebbe anche essere scritta con lettere a caso, tanto non servirà a nulla.

Ma anche qui, chi ama raccontarsi e paga per farlo vuole aver di fronte un attento interlocutore pronto a cogliere spunti da tradurre in output creativi tanto da far dimenticare preventivi e stime di costo a spanne. Ed è facile dirlo come è altrettanto facile non farlo, tutto quello che si sta trasferendo da una memoria a un’altra non ha nessun valore ai fini pratici, non è di questo che si deve parlare ma c’è il timore che interrompendo si perda l’atmosfera da spot dell’Amaro Montenegro, gente che se la racconta con esperienza davanti al camino acceso senza tener conto dei danni all’ulcera e al fegato che l’alcool può recare.

Qui invece se si smarrisce il filo è un disastro, perché il sunto di quello che questa impresa produce è un software che trasforma software in altro software, così è importante che si parta dagli albori degli elaboratori elettronici per arrivare ad oggi e inventarsi per domani una nuova identità pronta a cogliere tutte le sfide sull’Internet che avremo un giorno, dove per parlare di applicativi web e tavolette di cioccolato si potranno usare le stesse parole, quelle che fanno venire l’acquolina in bocca a grandi e piccini.

via cogne schianto mortale, guarda subito il video

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Che faccio, clicco o non clicco? Sul corriere on line ho disponibile l’ennesima ripresa dai circuiti di videosorveglianza di una tragedia, gente che muore in diretta e che i sistemi di sicurezza registrano indiscriminatamente e poi, non si sa il perché o il percome, i video finiscono in mano alle redazioni e quindi alla mercé di persone come me. Siamo quelli che rallentano quando c’è un incidente in autostrada, che si fermano a contemplare le risse, che abbassano il volume dello stereo quando i vicini di casa litigano. Siamo quelli che si fanno gli affari degli altri quando gli affari degli altri sono succulenti, pruriginosi, involontariamente tragici o grotteschi. Siamo quelli a cui i reality show ci fanno un baffo, un po’ perché oramai si tratta di un format trito e ritrito, un po’ perché si vede lontano un miglio che è tutta una finzione, che quando ci troviamo di fronte a una realtà aumentata abitata da persone che spingono sull’acceleratore dei loro difetti che possono piacere di più agli sponsor ci meravigliamo dell’ingenuità di chi ci casca, di chi li segue anche sui forum e sui social network. I video degli incidenti, degli scippi, delle rapine, quello è pane per i nostri denti, peccato per l’audio, sentire il rumore di un impatto, le grida di aiuto, i pianti di disperazione conferiscono tridimensionalità agli avvenimenti e fanno passare in secondo piano la qualità pessima delle immagini. Immagini come queste, una berlina che accelera a un semaforo per sfuggire alla polizia e centra in pieno un’automobile causando la morte di un uomo, così dice l’articolo. Non si vede nulla, non si vede sangue, potrebbe essere una finzione. Quindi che faccio, clicco o non clicco? Clicco, che domande. Clicco e parte la pubblicità, e immediatamente capisco a cosa serva la pubblicità sui video on line. Pensare a un ufficio marketing che consente che il proprio brand sia visualizzato prima del video di una tragedia da persone come me. Perché io non vorrei che persone come me comprassero i miei prodotti. La pubblicità prima dei video on line serve a far riflettere su questi aspetti, e dura sufficientemente a lungo affinché si possa avere il tempo di chiudere la pagina del browser prima del video dell’incidente e a promettere a noi stessi di mettere a tacere il nostro lato morboso per sempre.

sciropparsi mentana

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Seguire il telegiornale di Enrico Mentana per me è un enorme sacrificio. Intanto perché così tanti anni sul libro paga di Berlusconi lasciano comunque una macchia sulla carriera di una persona a vita, e questo lo penso anche di quelli che un giorno presentano Zelig e la sera dopo sono sul palco a celebrare la vittoria di Pisapia.

Poi trovo ammorbante  la struttura stessa del telegiornale de la7. I primi dieci minuti buoni vanno via con Mentana che fa il pippotto presentando la scaletta delle notizie della serata, imbastendo già un po’ di commenti e di facezie sui fatti del giorno. Che poi a me annoia tantissimo sentirlo parlare, mi immagino avere un professore così alla prima ora di lezione e già che il tg delle 20 è in una fascia molto a rischio, che dipende dalla giornata che hai avuto e da cosa hai preparato per cena. Finita l’introduzione rinforzata, ecco i titoli veri e propri, annunciati da Mentana. Sì, ancora lui. Per fortuna ci sono le immagini a corredo, ma sotto la voce è ancora sua che ripete la sintesi dell’introduzione precedente, e anche qui va via un altro paio di minuti. A quel punto finalmente inizia il telegiornale vero e proprio, condotto da Mentana. Ogni servizio, quelli che sono gia stati accennati due volte, viene introdotto una terza volta, quand’ecco che finalmente si entra nella notizia, l’unica oasi giornalistica della trasmissione in cui non si sente la voce di Mentana, pronto a chiudere però lo spazio di ogni argomento riprendendo il commentino di cui ha già dato un assaggio in apertura. Ma ecco la soluzione. Ho scoperto che la domenica è il giorno di riposo di Mentana, ho provato a seguire il telegiornale de la7 senza di lui e ho capito. Non è un problema di format.

dalla Ruzzia con amore

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