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In questi ultimi tempi numerosi episodi di trasgressione delle fondamentali norme della convivenza civile si sono verificati dovunque con allarmante frequenza, tanto da far apparire ormai la trasgressione norma e l’ordine stravagante trasgressione. Tutto questo, secondo il Ministero, è certamente fomentato e provocato da una piccola minoranza che cova da qualche parte; perciò questo Ministero decide di colpire alla radice, chiudere i luoghi in cui si diffondono idee contrarie all’interesse pubblico, in cui si praticano forme di esistenza illecita e lesiva della pubblica morale e produttività, in cui si creano le condizioni per un assenteismo che sottrae energie preziose all’economia.
Data però la ben nota difficoltà di definire con esattezza le caratteristiche di un covo e la straordinaria capacità dei criminali di travestirsi da persone umane, questo Ministero propone le seguenti caratteristiche: è da ritenersi covo un luogo in cui:
uno: siano rintracciati letti sfatti oltre le dieci del mattino;
due: si trovino libri del dadaismo tedesco;
tre: siano gettate per terra lattine di birra vuote, cartine e tabacco;
quattro: non si sia pagata la bolletta del gas del mese di giugno;
cinque: sia sorpreso qualcuno a dormire o ad ascoltare i Rolling Stones in orario lavorativo.

Per il momento ci limitiamo a questo, ma speriamo che tutti i cittadini vogliano collaborare e scoprire i luoghi in cui si cova. Intanto ricordiamo che il reato di cospirazione contro lo Stato, si compie in ogni luogo in cui si rompe l’ordine del lavoro, della famiglia, della televisione, della parola. Cospirare vuol dire respirare insieme.

Firmato: Francesco Cossiga, Ministro dell’Interno.

mi devo preoccupare, non mi devo preoccupare, mi devo preoccupare, non mi devo preoccupare…

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Un paio – abbonderò per difetto – di cose viste e sentite negli ultimi giorni. Il periodo è un po’ la morte dei sensi, si sa, ma gli stimoli esterni non godono di molta salute. Cioè, non sono io a vedere tutto grigio scuro.

Un paio di giorni fa, meno che a spasso, diciamo trascinando le membra forzosamente tra le vie perpendicolari che fanno da cornice al mio ufficio. In viale Piave, intorno alle 13.30, sotto una temperatura canicolare, una statua tutta blu – non immagino né chi fosse la persona dentro né chi fosse la persona “fuori”, in tutti i sensi – proprio nel lato battuto dal sole. Fermo. Immobile. Statuario. Ma nessuno passava, sì, sono passato io e pochi altri. Mi ha riportato alla mente un libro letto un paio di mesi fa o forse più, Observatory Mansion di Edward Carey. Consigliato. Sconsigliato invece il mestiere di statua in quelle condizioni. Anche se mi vien da dire in tutte le condizioni. Vedo statue umane da vent’anni. Provare a cambiare il repertorio? E uno.

Oggi ho pensato che il Futuro delle Libertà sia tutto qui. E anche un po’ quaqquaruaqquà. E due.

Rientro orora, infine, da una fuga dal concerto dei Fratelli Calafuria. Sarà che non sono più abituato agli standard indie italiani. O i suoni che non erano granché. O il nuovo corso e il nuovo batterista. O, conoscendoli solo su disco, li avevo idealizzati. Ma sono scappato. Tra me e quel palco, c’era il baratro. Prometto di non vedere altri concerti prima dei The National. E tre.