vivere insieme (12-inch 45rpm ep rmx)

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Non so quand’è che si capisce che quella è la persona giusta per te, non c’è una prova in cui ribalti i fattori, inverti gli addendi o aggiungi quello che hai sottratto. C’è una definizione molto simile a quella che è la verità, che invece definizione non ce l’ha, ed è che molto spesso ti accorgi se le cose funzionano se hai davanti uno o una che ce l’ha scritto in fronte. Almeno così dicono. Sapete, no, quei giudizi di frasi fatte sulle persone, come quando si dice che tizio è un libro aperto, gli occhi sono lo specchio dell’anima e così via. Ma mettetevi nei panni di chi con la fisiognomica non se la cava benissimo, senza arrivare ai paradossi lombrosiani, semplicemente riflettete sul fatto che di facce d’angelo – che poi non ho mai capito cosa voglia dire veramente – il mondo è pieno, e se le cose vanno male la colpa è anche la loro, così i conti non tornano.

Nel mio piccolo, mi fido di più di cosette che a raccontarle fanno persin sorridere. Per esempio se vedi qualcuno che come te non è in grado di scegliere, mentre cucina, il coperchio giusto per la pentola e ci vogliono almeno due o tre tentativi, non lasciartelo scappare. Non valgono gli altri sistemi per valutare le attitudini ad abbinare forme, come quei giochi che si sottopongono ai propri figli in età pre-scolare per inserire contenuti in contenitori. I cerchi passano nei cerchi, le mezzalune nelle mezzalune, i quadrati però anche nei rettangoli se hanno lo stesso spessore e, ovviamente la lunghezza del lato inferiore.

E se avere lo stesso orientamento politico è fondamentale, invece non vorrei deludervi ma leggere gli stessi libri, apprezzare gli stessi pittori o avere analoghe preferenze cinematografiche è ampiamente sopravvalutato. Intanto perché in fase di corteggiamento si forza sempre un po’ questo aspetto a proprio vantaggio, magari creando l’illusione altrui che tutte queste cose in comune vogliono dire qualcosa. Io ve lo sconsiglio, perché dopo qualche anno poi certi adattamenti al vostro sentire stanno stretti, scatta quella voglia di emancipazione in cui i primi a saltare sono quel cantante che avete voluto condividere come alla base del vostre precedente vissuto da single ma quei due o tre pezzi che a malapena conoscevate non fanno certo il tutto e, anzi, vi si ritorcerà contro. Conosco gente che ha chiesto il divorzio perché il partner ha messo un 33 giri partendo dal lato B, non rispettando quindi la volontà e il concept dell’autore.

Discorso diverso invece è se avete uno smisurato senso del tempo, intendo in musica, e non nel senso del susseguirsi degli eventi tanto meno inteso dal punto di vista meteorologico. Se avete una vicina di casa carina, per esempio, e parlo al femminile ma ovviamente si tratta di uno stratagemma unisex, a cui volete manifestare la certezza che vi si prospetta una vita insieme ma che al momento non se ne è accorta perché magari ne ha già una insieme a qualcun altro, fate come quel mio amico che si è procurato lo stesso disco che la vicina metteva sempre a tutto volume, lo si sentiva nel cortile. Anzi, se sono disponibili procuratevi i remix di quei pezzi, e appostatevi sui piatti come si fa quando si scoprono i percorsi e le abitudini altrui e ci si incontra casualmente – anche tu qui? Che combinazione! Al suo ascolto successivo fate partire anche voi il giradischi, a tempo, ovviamente, quindi iniziate a fare degli insert sul pezzo smanettando con il volume, avete presente no come fanno i dj? Metti, leva, metti, leva. E fatevi sentire. Le ragazze, ma penso anche i maschi, se apprezzano poi si prestano ad alternarsi a questa specie di performance live, almeno quel mio amico si è divertito un mondo, la vicina di casa pure, e da lì a mettersi insieme il passo è stato breve. E anzi, sapete che vi dico? Alla lunga può calare il desiderio, può evolversi il sentimento, ma nulla è mai come mettere insieme i dischi. Quando finisce uno può continuare l’altro, senza interruzione. L’amore, in fondo, è una specie di extended play.

affinità elettive e divergenze elettorali: la politica ci separerà, di nuovo

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Se non altro il movimento cinque stelle fino a oggi è riuscito a rovinare numerose amicizie, sono stati persino registrati casi di coppie che sono scoppiate, fidanzamenti interrotti, amori disillusi da una scia chimica o da un vaccinazione esavalente di troppo. Come biasimare queste persone, d’altronde. Gente che non ne può più di questo tipo di percolato che si infiltra in ogni anfratto in cui ci sia un po’ di disinformazione, di disinteresse per le cosa pubblica, quel mix tra esoterismo, oscurantismo e alternativa alla modernità e al progresso, per non parlare dell’odio represso per un sistema in cui se sei povero nel cervello, purtroppo, non c’è molto spazio ed è più fruttuoso cercare consenso nell’humus anti-democratico, magari menando pure le mani. Il tutto con quell’amplificatore sentimentale che è l’Internet, stiamo a vedere quanti danni – da questo punto di vista eh – riuscirà a fare ancora.

La cosa ci sconvolge perché durante la prima repubblica le amicizie finivano per ben altre cause. Le donne, in primis. E non solo per i furtarelli di cuore. Avete presente quelli che, una bellissima definizione che ho letto recentemente in un libro, sono appassionati portavoce del loro stile di vita? Quelli che hanno la capacità di stare a cavallo tra l’offesa e la lusinga come quelle figurine che cambiano illustrazione a seconda di come le inclini? Ecco. Io e Luca ci siamo lasciati così, una vita fa. Ci siamo incontrati per caso mentre mi precipitavo per non perdere l’ultimo treno che mi riportasse a casa, dopo aver trascorso la serata nel paesello di provincia estrema in cui viveva la ragazza di cui ero ciecamente innamorato, priva di patente perché minorenne come me. Mi ha offerto qualche tiro di erba, proposta a cui non ho detto di no. E parlando in quel modo che sfoggiava lui, come se ogni parola rispecchiasse una verità assoluta, un’esperienza unica, un suggerimento da non lasciarsi scappare, mi aveva detto che lei, la ragazza con cui avevo trascorso la serata e che era al mio fianco da qualche settimana – quel periodo della vita di ogni coppia che sembra che le cose siano meravigliose e senza confronti – lei era una di quelle che al paese in cui vivevano entrambi se l’erano passata un po’ tutti. Che non era difficile, quindi, conquistarla e che quindi non valeva la pena tenersela.

E me lo ha confidato come se mi stesse facendo un piacere tanto che l’ho salutato quasi ringraziandolo. Si era anche offerto, prima del commiato, di vendermi un po’ di quell’erba che mi aveva fatto assaggiare, cosa che ho rifiutato e mai scelta fu più azzeccata. Giunto alla stazione di arrivo, la Polizia Ferroviaria mi sottopose a una delle innumerevoli perquisizioni che ho subito prima dei trent’anni, rilevando solo un po’ di quell’aroma inconfondibile che mi era rimasto addosso ma non trovando nulla per trattenermi. Una vera botta di fortuna. E anche per quel pericolo che mi è passato così vicino, da quella volta mi sono esentato dal considerare Luca come un amico. E potete immaginare ora, dopo che ho dato un’occhiata alla sua pagina Facebook, quale partito, anzi, moVimento, voti.

ecco perché non bisognerebbe mai dire che qualcuno è stato asfaltato

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Susanna era uscita di scena nel modo più tragico che in quel contesto storico si poteva immaginare. Nel pieno del riflusso che nella provincia italiana aveva assunto più le sembianze di un rigurgito, conclusa l’epopea dell’eroina, un fenomeno in fase di normalizzazione a favore di un meno drammatico entusiasmo trasversale per le droghe comunemente dette leggere, l’epilogo piuttosto usuale per i decessi anticipati era quello della morte sulla strada. Ecco, l’unico aspetto positivo dell’alienazione degli adolescenti per i gadget tecnologici di oggi forse è la fine dell’alienazione degli adolescenti per i motori, quando l’ambiente di contorno non può offrire altri strumenti di evasione, tanto meno di emancipazione.

Voglio dire, meglio una denuncia della polizia postale per stalking o della Digos per attaccare il sito della Procura di Genova nei giorni del G8 dalla postazione in ufficio, per poi farti arrestare sotto gli occhi di colleghi e datore di lavoro con figura di merda annessa (è successo a un mio ex collega, giuro)  piuttosto che finire sugli scogli con una Opel Corsa GSI lanciata a più di cento km all’ora sull’Aurelia. Soprattutto se e quando il conducente si salva e la partner, al suo fianco e obnubilata dalla cieca e romantica fiducia per l’uomo con le mani salde sul volante, perde tutto. Susanna non ha raggiunto nemmeno l’età per prendere la patente, per dire, perché il ragazzo con il quale sognava di trascorrere tutta la vita già a sedici anni pensava di farcela a sostenere la curva pur non lesinando in emozioni da condividere. Ho sempre pensato a quell’attimo e a quella curva così: una canzone di Vasco a tutto volume sull’Alpine, l’asfalto viscido di salsedine, una frenata e poi il buio. Ciao.

Per non parlare delle motociclette. C’era Massimiliano che aveva il Ténéré e tutte le volte che gli amici lo vedevano partire per tragitti di media distanza c’era sempre da aspettarsi qualcosa. La scampagnata che finiva al pronto soccorso, nei casi migliori lui e il passeggero costretti a cercare un passaggio e a lasciare la moto lì, semidistrutta. E ovviamente nessuno che voleva viaggiare sulla sella con lui, ma alla fine toccava sempre a qualcuno, pena rimanere a casa, che con il senno di poi era anche meglio. A Massimiliano è andata bene, una serie di incidenti ma mai nessuno grave, e se ha avuto qualche conseguenza non è stato a causa della moto ma perché aveva la sbronza pericolosa. Una volta che gli è preso male è tornato in un locale sul litorale in cui non si era divertito, in piena notte e a serrande chiuse, per sfasciare tutto fino all’arrivo dei Carabinieri che sono riusciti ad arrestarlo solo perché aveva pensato di fuggire a nuoto. Chissà dove pensava di arrivare.

È andata peggio invece ai quattro dark di uno di quei paesotti il cui nome era sulla bocca di tutti ma perché storpiato per l’assonanza con la pratica – in gergo degli addetti ai lavori – di iniettarsi roba pesante in vena. Sono finiti giù in mare in barba a quelli che dicono che orientarsi in Liguria è più facile perché c’è un punto cardinale fisso e non ti puoi sbagliare. Le mamme delle vittime si sono messe d’accordo per vestirli tutti di bianco per la sepoltura, giusto per inasprire il conflitto tra persone per bene e musica alternativa. Chiude questa rassegna di morti Dario con i suoi due fratelli, lui che, sopravvissuto, continua a guidare imperturbabile una specie di Harley Davidson malgrado i suoi genitori abbiano già perso due figli più grandi in sella a due moto in due tragedie differenti. Muoversi e spostarsi ti espone a rischi più numerosi: oltre a quelli a cui sei soggetto se stai fermo ci sono sempre quelli in agguato nei punti in cui non dovresti stare, dove nessuno aveva previsto dovessi passare tu, e più velocemente rispetto alle tue capacità naturali.

Sanremo 2014, ecco chi vincerà il Festival (senza essere nemmeno eletto dalla gente che votano)

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La mia visione un po’ ingenua e infantile dell’Italia è quella di un paese in cui il PD prendeva il 74 per cento e i Perturbazione vincevano Sanremo, che è un po’ come dire un posto dove ci abitano solo quei quattro gatti di amici e conoscenti che frequento in carne ed ossa e sui socialcosi e che sono tali e quali a me, oltre il sottoscritto e famiglia, naturalmente. Ma sappiamo tutti che non è così. A partire da voi che state leggendo: su cinque, tu e tu non avete nemmeno votato, tu che non riesci a leggere perché hai gli occhi iniettati di odio acritico hai votato i nazisti del grillinois, tu che non capisci cosa scrivo hai optato per qualcosa di destra e tu, con cui da sempre siamo in sintonia, sei del PD ma di chissà quale corrente. Allo stesso modo ci dividiamo in quelli che, come me, ieri sera sono stati a teatro ma il teatro non gli è piaciuto perché avrebbero preferito seguire Sanremo, quelli che fanno andare in testa alla classifica le canzoni dello specifico sanremese, quelli che Frankie Hi-Nrg è ultimo e quelli che se la prendono con Fazio, con la noia, con i soldi del canone e così via. Trovo però che una visione della realtà in cui ogni cosa è al suo posto, funziona secondo leggi matematiche e arriva spaccando il secondo è tanto ingenua e infantile quanto la mia, e tutti i visionari condividono la stessa delusione per i motivi di fondo: siamo in tanti, siamo in troppi, leggiamo poco, ci informiamo di meno, siamo presuntuosi ma ignoranti, ma sopratutto non la pensiamo tutti come me. Ed è già un buon risultato il fatto che i Perturbazione siano al quarto posto, se non sbaglio, e ci sia uno come Renzi – e lo sapete come la penso, davvero non credo di aver sostenuto mai uno peggio di lui – che davvero è l’ultima possibilità. Si governa con una maggioranza, e se non si deve discutere con i pregiudicati trovo che non lo si debba fare nemmeno con i fasciochimichisti antidemocratici che non ti danno nemmeno il tempo, per discutere, così iniziamo almeno con le nuove proposte. Se avete un’alternativa senza stelle e senza Giovanardi, se pensate che comunque vada è giusto che vinca uno come Renga/Renzi, sono pronto ad ascoltarvi.

sondaggio: meglio la rivoluzione o il colpo di stato?

Digressione

Rivoluzione e colpo di stato sono termini talmente inflazionati da avere un potenziale persuasivo pari agli adesivi della lega di cui sono cosparsi i pali dei cartelli stradali nelle periferie padane o, se vivete ad altre latitudini, garantiscono una redemption di eguale entità rispetto a quelle minuscole pubblicità autoprodotte che stanno appiccicate ai caselli autostradali, quando ti fermi a prendere il biglietto senza contare la percentuale di utenti Telepass che al casello non ci si ferma nemmeno. Tutti che invocano la rivoluzione che si deve fare, tutti che gridano al colpo di stato che non ci sono arrivati prima loro a farlo, poi quelli che dicono di aver subito il colpo di stato chiedono di essere supportati nella rivoluzione, e manco a farlo apposta quelli che non hanno fatto in tempo a scendere in piazza per la rivoluzione pensano di aver sventato o intercettato le manovre per il colpo di stato. Ma le vestigia dell’uno o dell’altro gesto estremo non sono facili da riconoscere nelle situazioni di tutti i giorni. Voglio dire, la rivoluzione non sono certo quei quattro gatti con i forconi che stazionavano all’incrocio sotto casa nei giorni feriali, e il colpo di stato non è nemmeno qualche schermaglia tra maggioranza allargata e opposizione esagitata, l’asse che nasce di qui o di là per un fittizio fronte comune, o il Presidente della Repubblica che interviene a cazzo o a ragione. Converrete con me che comunque da qui, sul divano e con il portatile accesso, è difficile distinguere l’uno o l’altro. C’è un po’ di rivoluzione nel colpo di stato, e un po’ di golpe nella rivolta. Facciamo un po’ di ordine, però. Di qui si mettano quelli che pensano di fare la rivoluzione, di là quelli invece che vogliono il colpo di stato. Avvisatemi solo in qualche modo se c’è bisogno di me. Nel frattempo, metto su un disco.

l’ossessione dell’arcobaleno

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Mai come ora è il momento di fermarsi a tirare le somme di quante risorse sono state impegnate, quanto tempo è stato dedicato nella storia dell’uomo, quanto sangue è stato versato e, prima, quanto odio è stato proferito. Quanti libri sono stati scritti, quante interviste strumentalizzate, quanti voti durante le campagne elettorali si sono spostati con leggerezza, quanti cortei organizzati, quanti milioni di persone hanno partecipato a manifestazioni e quanti diritti sono stati lesi. Quante accuse sono state lanciate, quanti scandali sono scoppiati, quante figure pubbliche hanno visto usurparsi la loro dignità.

Ma anche quanti ci hanno costruito la loro fortuna sopra, quanti si sono ritagliati un ruolo di opinion leading, quanti sono riusciti a catalizzare i vuoti di rappresentanza altrui. Quanti segreti sono stati tenuti, quante situazioni personali sono state vissute scomodamente, e soprattutto quanta ipocrisia è stata versata per le tante volte in cui tutti sapevano ma nessuno lo ammetteva. Quante occasioni sono state gettate, quante battaglie sono state perse a discapito di guerre che potevano essere vinte e viceversa, quanti acronimi sono stati ideati.

E quanti film, quanta letteratura, quante canzoni e con quante parole d’amore, di risentimento, di gelosia, di nostalgia, di rimpianti, di rabbia, di gioia. Abbiamo persino elaborato nel tempo tutto un vocabolario apposta pieno di sinonimi soft e politically correct, di eufemismi, di circonlocuzioni, pratica per la quale noi italiani siamo diventati campioni mondiali, d’altronde nelle nostre fila giocano i fuoriclasse oriundi provenienti da Città del Vaticano. Non a caso, quanti persino ne fanno un fondamento del loro credo religioso, un bonus determinante per una ipotetica classifica in una visione escatologica, persino un virus contagioso tanto quanto una malattia esotica, una deviazione della personalità che ti viene con la crescita e dalla quale si può guarire. Quanti hanno dovuto farlo sapere malgrado non ci fosse nulla di che dichiarare, quanti invece vorrebbero gridarlo al mondo ma non possono nemmeno sussurrarlo.

Per quanti è invece assolutamente indifferente, persino ridondante da sottolineare e si stupiscono che ci sia bisogno di boicottaggi, di class action, di referendum, e che ci siano persino partiti e movimenti politici che si spaccano in due e si giocano la credibilità su questo come se fosse un fattore in grado di cambiare l’economia, l’ambiente, la società più della lotta all’evasione fiscale, il costo del lavoro, la precarietà, la scuola pubblica, la malasanità, l’analfabetismo delle masse.

E quanto tutte queste cose qui insieme forse in parte invece c’entrano, se ogni giorno c’è gente che ancora discute considerando come insindacabile metro di giudizio nei casi in cui due persone si amino, si concedano una storia, decidano di sposarsi, avere figli o anche solo crescerli o solo farsi gli affari propri sotto o sopra le lenzuola, ecco in tutti questi casi, che già non dovrebbero riguardarci, in tutti questi casi ditemi voi che differenza fa di quali organi sessuali queste persone sono dotate.

dimmi soltanto una parola e io sarò salvato

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Mi hanno disturbato, cazzo. Mi hanno distratto da uno splendido ricordo che era la cover di Gioca Jouer che abbiamo cantato ieri sera mia figlia ed io prima di addormentarci. Stava ripassando grammatica in extremis, erano già le dieci passate, e ci è venuta in mente questa versione del celebre ballo di Cecchetto (alcune riflessioni su quel pezzo le avevo condivise già qui) dove le istruzioni sui passi e i movimenti le davamo usando il modo imperativo. Dormite! Camminate! Nuotate! Salutate! Fate l’autostop! Lavatevi! Suonate sta cazzo di campana! Era un ricordo molto bello, un passo importante nel rapporto genitori e figli.

Fino a quando mi hanno disturbato nel mio ricordare il Gioca Jouer prima con la loro conversazione, e subito dopo con quell’incongruenza grossa come una casa. Una ragazza di una bellezza rara, di quelle che siamo abituati a vedere alle tv o al cinema ma unita all’eleganza che hanno solo certi visi al naturale, senza un’ombra di make-up. E un ragazzo al suo fianco, sia nella vita – si tenevano per mano –  che in quel breve viaggio sottoterra, non nel senso degli inferi ma nel senso di una delle linee della metro milanese, durante il quale ci siamo trovati di fronte.

Si stavano scambiando pareri su un argomento che non riuscivo a capire. Poi lui le ha chiesto di controllare sui testi, lei ha fatto il gesto di estrarre dalla borsa un libro che mi aspettavo essere il codice civile, un manuale di medicina, un trattato di architettura, la critica della ragion pura di Kant e invece no. Era una specie di compendio di tecniche di proselitismo per Testimoni di Geova, scritto con un font e un corpo a prova di ipovedenti, alcune righe evidenziate con un pennarello verde, altre in giallo, qualche illustrazione di militanti alle prese con potenziali adepti consenzienti che volevo dirgli che quel loro testo si sbaglia, la realtà non è così, nessuno gli dà retta, oggi i Testimoni di Geova hanno quasi meno appeal di quelli di Lotta Comunista.

E soprattutto che i potenziali adepti di sesso maschile si sarebbero fermati ma solo perché scambiare quattro chiacchiere con una ragazza così bella è piacevole. Magari è per quello che l’hanno messa all’attacco, in fondo anche questo è marketing. Peccato però che noi  non siamo usi ad associare bellezza e avvenenza alla religione, che poi chissà perché non l’ho mai capito. Mi sono messo a osservare che cosa c’era di strano, anche se di strano non c’era niente. Non so. Vedo una come Camila Vallejo che fa politica malgrado sia bellissima e mi sembra del tutto naturale. Perché il luogo comune ci impone per convenzione modelli opposti, quando invece si parla di sette e superstizione?

boia chi bulla, buoi a chi bolla, bulli a bollate

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L’errore mio è stato andare in play sul solito reportage sommario ripreso in verticale, attirato solo dalla location che è a poche centinaia di metri da dove sto scrivendo, nel comprensorio scolastico che ospita gli impianti sportivi in cui mi reco bi-settimanalmente a sgranchirmi le ossa grazie a un’attività motoria globale che né più né meno costituisce il penultimo stadio, l’anticamera della ginnastica antalgica.

Non voglio minimizzare il ribrezzo per la violenza dal vero, che sull’Internet in quanto a popolarità è seconda solo al porno amatoriale e precede di qualche punto gli esperimenti idioti sulla propria persona, una pratica che fa sembrare le mentos nella coca cola che erano in voga ai tempi di myspace un summit del CNR. Né, il mio intento, vuole spostare l’attenzione su un riuscito condensato della nostra società e dei meravigliosi tempi che il caso ci ha concesso di vivere: gente che insulta e mena altra gente, quelli intorno che si fanno gli affari loro, il genere maschile che interpreta l’episodio come un folcloristico evento eccezionale, una donna che mena un’altra donna è roba che nemmeno al circo e che ricorda la lotta nel fango in top e mini-mutandine, dispositivi personali che permettono di registrare e condividere soprattutto fatti come quello in tempo reale, indipendentemente dalla nobiltà dello scopo.

Già. Chi ci tiene a documentare il tutto, che, per carità, è grazie al suo istinto di reporter che è scoppiato il caso, conferma la mia visione del futuro con un partito dei giovani che avrete letto mille volte se mi seguite: vecchi denutriti concentrati in uno stadio, prima di una soluzione finale per risolvere radicalmente il problema della densità demografica e dell’insostenibilità della spesa sanitaria pubblica, e tutt’intorno ragazzi che filmano e fanno foto con gli smartphone per poi postare il tutto sui social e commentare ma in maniera asettica.

Poi i profili Facebook della carnefice e della vittima, quelli autentici cancellati e poi ricomparsi come fake a dimostrazione che gli sciacalli del web vivono e lottano insieme a noi e si nutrono di clic, sempre pronti nello sfruttamento delle tragedie altrui tanto che mi viene da pensare che davvero, la disoccupazione ci ha da dato un bel mestiere, mestiere di merda che è che c’è un sacco di gente che davvero non c’ha un cazzo da fare e sta lì ad aspettare sul web di essere nel posto giusto al momento giusto, né più né meno come quelli che attendono agli angoli delle strade che i caporali li chiamino per raccogliere i pomodori.

A me, che sono una persona superficiale, è rimasto invece il contorno di tutto questo, una serie di fattori di natura estetica. L’accento e la parlata tamarra misto meridionale da periferia milanese che colloca il piglio vendicativo e la cattiveria proferita a parole nel novero della mala dei poveracci, a fare il paio con i toni e le accuse da programma di Maria De Filippi in versione però nord-ovest, che a dirla tutta quando i romani e i napoletani si insultano con i loro accenti a “Uomini e Donne” alla fine tranquillizzano, tanto costituiscono uno specifico della comunicazione televisiva.

L’abbigliamento da negozio in franchising da centro commerciale, quei pantaloni che ti fanno sembrare un sub-normale che per fortuna è tutta roba talmente di scarsa qualità che dai due calci in testa alla tua rivale in amore e sono già da buttare, e che conferma che la moda che c’è adesso in giro, ragazzi miei, fa davvero cagare.

Infine la splendida cornice. Fermata dell’autobus con pavimentazione da sobborgo dimenticato da dio, facile ricovero di deiezioni animali. Edilizia suburbana da anonimato periferico degno di Padania Classics. E poi non so se erano le condizioni meteo o il coloring involontario di quella ripresa improvvisata, ma i toni dello squallore da commistione tra urbanizzazione e campagna trascurata, che non credo che abbia simili al mondo, che ogni volta che lo noto mi fa pensare che davvero dovremmo essere pagati per vivere in posti come questi, e avere anche un extra per farci vivere i nostri figli.

Anzi no. Io l’extra lo userei per mandare mia figlia a studiare all’estero, in Germania o in Olanda, per risparmiarle una scuola superiore come quella lì e tutte le sue frequentazioni, ragazze che ti aspettano fuori per fare i conti e insultarti e menarti e amici che se ne fottono, anzi, ci ridono su mentre qualcuno ti prende a calci in testa.

presto, aiutatemi, sto soffrendo

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Aiutatemi presto, la situazione è gravissima. Fate qualcosa, chiamate il dottore, chiamate Grey’s Anatomy, anzi, il pronto soccorso del policlinico di Chicago che tanto George oramai si gode la pensione sui roof garden di mezzo mondo, tutti posti con alto tasso di fi ehm di belle donne a sorseggiare caffè dal sapore discutibile. Chiamate il 118 o il 112 che mi sa che è stato tutto unificato, ma fatelo subito. Perché? Ho la febbre altissima, misurata a 37.2, ecco perché. Dottore, mi dica, è grave? Insomma che oggi, ieri per te che stai leggendo giustamente preoccupato sul mio stato di salute, devo aver preso freddo con sto tempo e stasera (ancora ieri sera per chi ha questo post davanti), con 37.2, sono fisicamente fiaccato e moralmente distrutto. Non so voi, ma a me avere la febbre così alta prima di coricarmi è una delle cose che mi spaventa di più perché poi durante la notte la febbre sale, magari fino a 37.6 e oddio, è finita. Iniziano ad assillarmi tutti gli arretrati che ho sul lavoro, vengono a trovarmi i peggiori momenti della mia vita professionale, quando facevo il programmatore addirittura sognavo di risolvere i miei problemi esistenziali con una valida routine software. Per questo cerco di allontanare il momento in cui a 37.2 rischio di perdere conoscenza e avviso i miei famigliari che sì, potrei anche gridare nel sonno, invocare il loro intervento, aver bisogno di qualcosa che mi faccia stare meglio. Leggere è anche peggio, un rischia poi di avere gli incubi ambientati nella storia appoggiata sul comodino, ed è facile immaginare quanto contino da questo punto di vista i generi letterari. Vedete che non leggere libri fantasy aiuta. Insomma, vi prego, prestatemi il vostro supporto, sorreggetemi fino a domani (oggi per chi sta leggendo), chissà come sarò al risveglio, che sonni agitati mi avranno guastato il meritato riposo. Ho la febbre altissima, 37.2, e come ogni uomo non devo essere lasciato solo.

6 modi originali per mandare in vacca momenti potenzialmente indimenticabili

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Ho visto ieri sera  “Emotivi anonimi”, uno di quei deliziosi film francesi che solo i francesi riescono a fare, e ho pensato così di fare il punto su tutto quello che l’emotività può causare, nel senso che se non hai la fortuna di trovarti di fronte uno che si emoziona come te come i due protagonisti che nel film di Jean-Pierre Améris si innamorano, sublimando così il loro essere emotivamente reciproci, il contatto forzato con il mondo dei disinvolti amplifica gli effetti del proprio emozionarsi. Per esempio quando:

  1. ti viene a trovare una coppia di amici da Genova che passeranno la notte da te e nell’allestire la tavola per la cena, tagliando una lista del chilogrammo di focaccia che ti hanno portato, obnubilato dalla contentezza ti affetti un dito in un modo sufficientemente grave da doverti sottoporre a una ricucitura da personale specializzato presso il Pronto Soccorso
  2. nella foga di concludere un acquisto importante a cui anelavi da tempo, il più possibile ossequioso verso la cassiera quasi incarnasse il brand multinazionale che ti ha spillato dai tuoi risparmi almeno quattro volte il valore dell’oggetto comprato, te ne vai in fretta per liberare la fila che si è formata dietro tenendo in mano portafogli, oggetto comprato, sciarpa, sacchetto della spesa ed è un attimo a lasciare cadere la carta di credito che non hai messo subito via tutto preso dall’emozione
  3. alla sera del primo giorno della tua esperienza di leva, dovendo – in sequenza – riporre vestiti e effetti personali nell’armadietto in dotazione, serrare l’armadietto con il lucchetto, nascondere la chiave del lucchetto in un punto facilmente accessibile, per l’emozione ma anche un po’ di stanchezza nascondi la chiave del lucchetto nei pantaloni della divisa che riponi nell’armadietto e te ne ricordi solo dopo aver chiuso il lucchetto ed esserti coricato, felice di aver raggiunto il meritato riposo senza troppe complessità, almeno fino al momento in cui ti rendi conto della tragedia che si appena consumata a tuo danno
  4. hai una graziosa ragazza sul sedile del passeggero che ti chiede di darle un bacio e, sporgendoti verso di lei preso dalla naturale eccitazione che è po’ più dell’emozione ma è della stessa pasta, causi lo sbandamento dell’automobile in corsa lungo una strada provinciale a traffico elevato correndo il rischio di finire contro un muretto e, nel tentativo di raddrizzare il veicolo, contro un autobus di linea che proviene in senso contrario
  5. nell’ufficio di un prestigioso cliente del tuo cliente, quindi pervaso da quell’emozione che ti viene nelle occasioni speciali che accadono durante l’orario di lavoro, nel tentativo di spostare un tavolo per liberare lo spazio utile per dare sufficiente profondità alle riprese video di un’intervista, uno spuntone di ferro la cui presenza era impossibile da prevedere sotto una delle gambe del tavolo causa un solco in perfetta diagonale lungo il parquet in legno scuro nel centro della stanza
  6. hai invitato due amici conosciuti da poco a trascorrere con te il lunedì dell’Angelo, festività abitualmente trascorsa in gite fuori porta e pranzi al sacco proprio come in quell’occasione, presso una casa sperduta nell’appennino insieme a una congrega di ex scout a cui appartiene anche la tua fidanzata e, nel viaggio di ritorno verso casa affrontato giustamente in treno per evitare le code del rientro, il convoglio preso d’assalto dai numerosissimi prudenti emotivi ed entusiasti come te che hanno avuto la stessa idea, costringendo te e i tuoi nuovi amici con cui vuoi fare una bella figura ma già pregiudicata dai divertimenti e dai giochi di gruppo degli ex scout con cui avete trascorso la giornata, il convoglio dicevo si ferma in una galleria a metà strada a causa di un altro emotivo che ha pensato bene di farla finita proprio sotto quel treno, costringendo l’intero insieme dei passeggeri a oltre tre ore di attesa in piedi e senz’acqua, fermo restando che poi, una volta scesi, ti accorgi che invece una bottiglia d’acqua ti era rimasta nello zaino ma, a causa dell’emozione di non essere stato all’altezza delle aspettative altrui, te ne eri completamente dimenticato

Ecco, questa è solo una prima veloce rassegna dei brutti scherzi che l’emotività può causare a noi poveri mortali eccessivamente sensibili e soggetti all’ansia di prestazione tout court. Alcuni sono accaduti veramente, altri li so per sentito dire, a voi il compito di tirare a indovinare di quali il vostro si è reso protagonista. Ma soprattutto voi, e lo so che siete emotivi come me, quali disastri avete combinato nella vostra vita?