posto ponte

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Lo sapevo. Ho la nave tra SOLO dodici ore e già c’ho l’ansia. Diciamo che io e il viaggio non siamo proprio tanto sulla stessa lunghezza d’onda perché per indole io adotterei le onde corte e al massimo starei in un raggio ben ridotto e circoscritto al centro di casa mia. Nel senso che adoro i preparativi e l’attesa e fare armi e bagagli e poi, quando inizia il conto alla rovescia, vado in tilt. Ma questo da sempre, eh, non è un decorso dovuto alla mezza età. Anzi, certe cose ho iniziato a farle già maturo. Per esempio sono un campeggiatore neofita e mi organizzo vacanze in un modo in cui mai avrei pensato da ragazzo: a contatto con la natura si colgono sfumature umane altrove impensabili su campioni sia stranieri che italiani. C’è più tempo per osservare aspetti anche minimali e riflettere su concetti che, tra quattro mura, passano in secondo piano. Puoi fare paragoni con il prossimo perché anch’egli è nudo, pardon, in costume quanto te. Puoi pensare a tutti i modi in cui quello che hai intorno potrebbe essere meglio. Così ogni anno vado là, su quell’isola che da quando ho conosciuto mi impedisce di fare il bagno altrove, posti dove ti capita di fare pessimi incontri come questo, e tutto  per trascorrere una vacanza all’insegna della totale immobilità. Poi quando sei lì ti convinci che è la scelta migliore, il campeggio dico. Vedi i bambini che se la godono perché sono indipendenti, spesso nostro malgrado considerando la musica che ci impongono e i divertimenti pensati tutto sommato con poca attenzione al target, di cui noi intellettuali di sinistra faremmo volentieri a meno. Tutto per sconfiggere la grande paura degli ultimi giorni prima del rientro, quelli che vorresti non arrivassero mai perché hanno il sapore di un altro giro che si è compiuto fino a quando fai ritorno ed è tutto inevitabilmente come prima.

bestialità di agosto

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Ancora a proposito di aggiornamenti, il gattino che avevo eroicamente strappato a un destino crudele lungo un’autostrada toscana ora è un gigantesco felino che vive a casa di mia cognata, io non avrei potuto tenerlo visto che ne ho già due. Probabilmente porta i segni dell’esperienza di aver viaggiato incastrato in una feritoia di un’automobile, nel senso che non ha proprio un carattere addomesticabile. Comunque a suo modo è affettuoso. Ha persino subito una confusione di genere, nel senso che si pensava fosse una gattina e per qualche mese è stato chiamato con un nome femminile, fino a quando l’appartenenza è risultata inequivocabile così gli è stato affibbiato un nome maschile ma sempre terminante con la lettera a, forse per mitigare un passaggio transgender che lo avrebbe frustrato ulteriormente.

Invece non so più nulla del caro vecchio cane che aveva infilato l’ascensore per errore trovandosi poi in un appartamento simile a casa sua ma sistemato diversamente. Ho cambiato ufficio da un anno circa e non ci siamo più incontrati. Spero che lui (o lei) e relativo padrone che, come si dice, si assomigliano in tutto e per tutto continuino il loro menage quotidiano fatto di attese, per uscire e tornare a casa, perché in fondo la vita è così e ce ne accorgiamo se sbagliamo piano.

Avere cani d’altronde è una grossa responsabilità, e se vi ricordate bene il mio rapporto con il più fedele amico dell’uomo è piuttosto variabile soprattutto quando vado di corsa e devo per forza attraversare luoghi frequentati da chi li porta a spasso. A volte invece ho proprio paura perché fanno paura i loro proprietari, e quando te ne ritrovi uno che si è perduto – nolente o volente – è sicuramente da maneggiare con cura. C’è poi il dolore di quando cani e animali in genere si separano da noi, e lì ci accorgiamo del valore dell’esperienza di averli adottati. Se siamo quel che siamo, in fondo, è anche grazie a loro.

Quanto ai miei, di animali, anzi, di felini, ogni tanto spargo notizie e foto qui e là. Tutto sommato fa piacere averli per casa, un po’ meno notare che non perdono le cattive abitudini di svegliarmi a ore assurde, fino a quando combinano disastri o svomitazzano il cibo sul pavimento e allora devo rileggermi storie come queste per ricordarmi il motivo per cui ho deciso di condividere i miei spazi con loro.

un futuro in portineria

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Se questa è una specie di seconda casa ma di quelle come ci sono solo nel mondo dei blog in cui non esistono le tasse e uno può possederne quante ne vuole a maggior ragione che sono gratis, ho pensato che fosse giusto darvi un aggiornamento su alcune vicende che riguardano la mia prima casa, quella su cui invece pago IMU e TARSU. E ci ho pensato ieri pomeriggio in seguito a un malfunzionamento dell’ascensore, al mio piano schiacci un pulsante e quello chiude le porte ma non si muove da lì. Allora ti conviene scendere al livello inferiore, chiamarlo, lui arriva, tu sali, premi il tasto relativo al piano a cui ti vuoi recare e il gioco è fatto.

Così è stato, e scendendo ho notato che il mio vicino del primo piano, quello che aveva un orribile zerbino con il disegno di un segnale stradale di divieto corredato da un didascalico quanto inequivocabile monito “vietato l’accesso ai rompiscatole” ora lo ha sostituito con un modello molto più accogliente. C’è scritto welcome per chi arriva e goodbye per chi se ne va, e vi confesso che si tratta di uno zerbino molto più adeguato alla famiglia che vive lì, dato che organizzano continuamente cene molto vivaci per amici e conoscenti, come raccontavo qui. La prima cosa che ho pensato è che magari hanno letto proprio il mio post in cui mi lamentavo di un messaggio così sulle difensive, o forse semplicemente hanno capito che non fa per loro. Meglio così.

Anche la famiglia di urlatori che abita di fronte sembra aver cambiato marcia. Sono tutti meno agguerriti gli uni verso gli altri, le figlie forse hanno superato la fase più delicata dell’adolescenza e sono meno in conflitto con la madre, anche se a dir la verità non ho più sentito la voce del padre. Ciò mi ha fatto pensare che invece fosse lui l’elemento di disturbo, e la possibilità che si sia allontanato di casa abbia migliorato le cose. Sta di fatto che gli episodi di tempesta che ci turbavano a tal punto da temere che prima o poi qualcuno scaraventasse qualcun altro giù dal balcone sembrano essere finiti. In compenso la madre, che sembrava la più fuori di melone di tutti, la sentiamo spesso cantare canzoni italiane di successo ad alta voce senza base musicale sotto ma con una certa precisione, come se seguisse una traccia di riferimento in cuffia probabilmente mentre sbriga le faccende domestiche.

La vicenda di Iacopo, invece, si è ancora più esacerbata. Il padre ha lasciato la casa e si è trasferito altrove, ma continua a mantenere la sua relazione con la ex dirimpettaia che invece continua a vivere qui, questo genera situazioni imbarazzanti in cui lui passa a prendere la sua attuale partner ma non vuole più incontrare i figli avuti con la sua ex moglie. Lo so, non c’è bisogno di aggiungere altro, mettendo insieme i particolari potremmo fare un blog solo su questo argomento. Anzi, potrebbe essere un’idea.

Dulcis in fundo, anche la famiglia all’angolo della strada che metteva le bottiglie da un litro e mezzo di plastica piene d’acqua lungo il marciapiede per non so quale teoria cospiratrice, si diceva a proposito dei cani che vedono nelle varie Rocchetta o San Benedetto gli acerrimi nemici delle loro funzioni corporali liquide, un’installazione pionieristica rispetto alle numerose credenze che la subcultura pentastellare ha di recente portato alla ribalta, be’ sarete lieti di sapere che la famiglia in questione ha desistito, si è illuminata oppure semplicemente ha subito le pressioni di qualche autorità locale preposta al decoro urbano e le ha rimosse tutte. Ora la via è brutta in sé, senza l’aggravante degli strumenti artigianali anti-piscio. Come a dire, tutto è bene quel che finisce.

aridatece bernacca

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E alla fine ci sono cascato anche io. Ho installato un’app che ti dice il tempo che farà il per il futuro prossimo, almeno fino al sabato che viene e, considerando che oggi è domenica, sono ben sei giorni. Posso sapere se nel momento in cui partirò per le vacanze estive ci sarà il sole oppure no o cose anche meno nobili, come se oggi potrò stendere sul balcone i panni senza che la tromba d’aria Tizia o Caia mi costringerà a raccogliere calzini e boxer nel corsello dei box. E anche questa nuova moda di dare un nome agli eventi atmosferici che è in auge da un po’ qui in Italia, giusto per importare dall’estero sempre e solo gli aspetti meno utili. Non so, non potremmo copiare i tedeschi nel loro senso civico anziché tirare in ballo i protagonisti della mitologia o della letteratura classica per questo o quello, non considerando che al massimo la gente conosce i personaggi dei libri di Moccia e che si trova a disagio con la letteratura in genere, soprattutto quando fa un caldo porco. Già, siamo in estate, di norma le temperature sono elevate. Ed è facile chiedersi da quando le condizioni meteo siano diventate un argomento di discussione così diffuso, oltre il proverbiale più e meno con cui intrattenersi con gli sconosciuti nelle sale d’aspetto. Ci sono persino programmi che vanno oltre i consigli su prendere l’ombrello o indossare la canottiera, c’è tutto un mondo di meteo-star che entra nelle nostre case dalla tv, dalle riviste, dalla rete, per convincerci a desistere dai nostri piani perché – oddio – pioverà. Hanno un impatto sull’economia, riescono addirittura a farsi nemiche le associazioni di categoria in ambito turistico. Esistono persino canali televisivi monotematici dedicati alle previsioni del tempo. Così pensavo che cazzo ci sia da dire, come prima cosa. E poi perché se ne deve parlare. Se c’è il sole, bene. Se piove, amen.

vuoi più bene a mamma o a papà, e non è una domanda

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Un altro aspetto verso il quale dovreste porre attenzione è che quando poi i bambini iniziano a crescere, verso i dieci anni per esempio, chi ricopre il ruolo di madre torna a staccare di netto chi ricopre il ruolo di padre dal punto di vista del riferimento su tutti i fronti. Nel senso che i papà restano pur sempre molto presenti ma laddove i figli cercano contenuti più elaborati difficilmente vi troveranno adeguati ma, sono certo, non ve ne faranno una colpa perché le cose stanno così. Le madri hanno molte cose di più dentro e i figli vi trovano risposte senza interruzione così viene naturale aprire un canale privilegiato da quella parte. Noi padri non dobbiamo prendercela né sentirci messi da parte perché molto probabilmente poi avremo altre occasioni per metterci in luce, l’importante è non abbassare la guardia e rimanere lì sempre pronti con quella funzione di back-up che comunque a volte serve, nella quale possiamo dare il meglio e concentrare tutti i numeri che ci siamo preparati e non riusciamo mai a mettere in scena. I figli ci stanno a sentire e imparano perché sanno che siamo complementari a un sistema autosufficiente in cui temporaneamente è assente il protagonista, o si sta riposando, o sta leggendo. Il divario tra le parti genitoriali – ci sono naturalmente eccezioni, per carità – penso sia proprio una questione di natura come la nascita, che non può derivare per forza che da lì, o altri fenomeni di cui il genere umano ha documentato i principi per cui accadono sempre allo stesso modo. Come se al momento di fare un passo decisivo, di quelli che ti segnano la vita, i fronzoli di cui noi ci facciamo belli facendo foto creative alle torte di compleanno o lanciando e recuperando palloni sulla spiaggia passassero inderogabilmente in secondo piano e valori di saggezza, di vision – come si usa dire oggi – prendessero il sopravvento come unico processo praticabile. Il mio consiglio è di rimanere in silenzio con la nostra meraviglia e imparare, far tesoro di quello che accade perché comunque noi ci siamo passati da bambini, sappiamo come funziona e ce ne siamo beati. Poi però le sovrastrutture ci hanno messo in mano altri strumenti che sì, servono, ma ecco più che strumenti sono accessori che, se ci pensate bene, non è proprio che siano tra di loro sinonimi.

un’altra strabiliante rivelazione di Papa Francesco

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papawasarollingstone

e qui, l’originale:

bollino rosso trionferà

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Una parte di me mi ha risparmiato le celebrazioni per il ventennale della laurea facendola scivolare giù nei bassifondi del palinsesto di luglio dopo i soliti temi della stagione come un vero tg mediaset, decisamente secondaria a mangiare frutta e verdura, non uscire nelle ore calde, new entry nelle dinastie regali britanniche, papi in tour e ministri sulla cresta dell’onda loro malgrado. Talmente secondaria che mi è venuta in mente solo la notte scorsa mentre contavo le frequenze del suono dell’antifurto dell’appartamento qui di fronte. Circa 120 per ogni segnale, poi una ventina di secondi di pausa, quindi altra sirena con 120 onde sinusoidali e avanti così per più di un’ora. Ho provato persino a chiamare le  forze dell’ordine – era l’una di notte – per capire se stessero facendo qualcosa almeno per bloccare gli autori del probabile furto ma non mi hanno risposto e l’allarme è continuato per un paio d’ore abbondanti. Mi sono chiesto se ci è lecito sporgere denuncia o qualunque tipo di rimostranza per chi si dota di quel tipo di antifurto, lo attiva e poi se ne va in vacanza lasciando il proprio appartamento e gli averi ivi contenuti nelle mani di qualche vicino volenteroso. L’unica conseguenza è stata svegliare buona parte del quartiere, almeno quelli che non sono ancora partiti.

Perché poi il bello è proprio che in giro non si vede nessuno, sembra di vivere in città fantasma così prive di rumori che non le riconosci più, a parte la vicina di sotto che pulisce le veneziane alle otto del mattino facendole sbattere ritmicamente contro la ringhiera del balcone. Molto rari gli esseri umani, soprattutto nel week-end, qualche concentrato di aria condizionata semovente per strada lanciato verso remote località di villeggiatura e qualche animale fuori luogo. Uscendo di casa mi ha attraversato la strada una biscia piuttosto spaventata credo dall’habitat poco confortevole che ho subito scambiato per vipera e se quel titolo di studio di cui sopra fosse seguito a un corso di esami utili e seri, probabilmente saprei riconoscere un normale rettile d’acqua da un serpente velenoso ma lo sapete meglio di me che la natura in contesto urbano ha dell’osceno e del catastrofico, un po’ come gli squali volanti dei più recenti film americani ed è molto facile pensare subito al peggio.

Comunque in questi giorni ricorre un altro anniversario, oltre quello della mia laurea in scienze inutili. Alcuni aneddoti dal mio futuro compie tre anni forse oggi o forse ieri, non so. Ma non ho ricevuto nessun telegramma, per fortuna e questa era una celebre citazione, vediamo chi di voi la indovina per primo nei commenti vince una dedica speciale sul prossimo post. Questa cosa mi fa venire in mente quando alle superiori ho imparato la parola “genetliaco”. Spesso si arriva dalle medie con dei vistosi equivoci linguistici. Un’amica per esempio diceva e scriveva “giurispondenza” al posto di “giurisprudenza”. Un altro si era coperto di ridicolo in uno scritto di religione perché pensava che “mistificare” significasse “rendere mistico”.

Pensavo di essere immune da questi qui pro quo fino a quando una compagna di classe mi scrisse sul mio diario, in corrispondenza della sua data di nascita, “oggi è il mio genetliaco” con tanto di firma e cuoricini illusori. Ma se vi ricordate come erano le grafie delle ragazze una volta, prima che l’informatica prendesse il sopravvento come principale veicolo della nostra trasmissione del sapere, saprete meglio di me come fosse facile malinterpretarne il significato. Io in quella parola ostica leggevo “gervetileo” che, come m’insegnate, non vuol dire un cazzo. E ho perseverato nell’ignoranza per molto tempo, non che pensassi solo a quello, ma ero così presuntuoso da non volermi arrendere a una richiesta di spiegazioni fino a quando ho aperto un dizionario alla lettera “g” e ho finalmente scoperto la verità. Comunque, dicevo, tre anni sono tanti e speriamo di continuare perché, come si dice, meglio avere un futuro ricco di aneddoti che avere un passato in cui è facile fare confusione.

una nuova stagione di saldi

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Quello che mi sfugge, e sapete bene che per me economia e finanza sono arabo anzi peggio, è che tutti si lamentano del calo dei consumi ma nessuno abbassa i prezzi. Gli affitti sono sempre alti, sento dire che i proprietari preferiscono lasciare appartamenti vuoti, le automobili hanno prezzi tuttora proibitivi, l’abbigliamento di qualità è alla portata di pochi, per l’elettronica e l’informatica consumer devi fare le rate, per l’elettronica professionale non ne parliamo nemmeno. Ora per dire a me piacerebbe cambiare l’auto ma so già che dovrei sborsare almeno 20 mila euro. Mi tengo la vecchia e chi si è visto, si è visto. Allora mi chiedo chi deve cominciare a rinunciare a qualcosa ed è questa la questione politica da risolvere. Anche secondo voi la situazione di stallo globale deriva proprio da lì?

stay hungry, stay fighetti

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Chissà quanto manca al momento in cui in Parlamento qualcuno dirà a qualcun altro che è un “tamarro”, o si accuserà la fazione opposta di “tirarsela” troppo. “Hey tu grillino fai meno lo splendido”, ci si potrà appellare così a un diritto di riportare con i piedi per terra chi fa voli pindarici (lasciando scie chimiche). “Bella storia” sarà il commento da riservare agli interventi di particolare gradimento, quando ci si attarda con gli emendamenti il presidente della camera potrà chiedere ai capigruppo di interrompere l’ostruzionismo accusandoli di aver “asciugato” gli astanti, mentre “zio” risolverà tutti i problemi di appellativo con cui far precedere i cognomi di deputati e senatori e mandare in pensione finalmente l’obsoleto e ostico onorevole. D’altronde, nessuno fino ad ora ha mai lavorato “a manetta”, anzi certi provvedimenti sono stati presi “a muzzo”. “Che babbo”, così quelli della maggioranza stroncheranno quelli dell’opposizione dopo l’ennesimo intervento all’insegna dell’ingenuità politica che magari non c’entra “una cippa di minchia”, obiezione che verrà messa agli atti. Insomma, sarà il Presidente della Repubblica a dire che il governo si “incista” su temi di scarsa utilità e inviterà tutti a non “paccare” la stabilità, l’Italia ne ha bisogno per far andare l’economia come una “lippa” altrimenti si dovrà tornare “tipo” alle elezioni. “Tranqui”, nessuno lì vuole perdere il suo posto.

per il bene comunque

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Sull’onda dell’entusiasmo per la storia locale e spinto dal desiderio di smentire chi mi taccia di misantropia ho aderito a un gruppo su FB dedicato alla condivisione di materiale rievocativo della mia città natale, per lo più ricordi personali e foto del passato. Ma quello che mi sta spingendo ad annullare l’iscrizione non è tanto la piazza virtuale di migliaia di persone che si è formata, un concetto molto anni novanta dell’Internet di Virgilio, Lycos e Altavista, per intenderci, quando l’umanità non aveva ancora dato il peggio di sé sul web e qualche speranza di un mondo migliore tutto sommato c’era. Ancora prima dell’uno punto zero e in un ambiente in cui la cosa peggiore che ti poteva succedere era di ricevere proposte di malcelato romanticismo da un nerd.

Quello che è davvero irritante è che chi posta inevitabilmente foto della Resistenza subisce gli insulti zotici di nostalgici dell’appeso a testa in giù. Viceversa, chi pubblica le foto delle adunate per la visita del futuro cadavere retroverso, giustamente viene sommerso di pesanti critiche da parte della componente opposta dotata di buon senso. Il punto non è chi ha ragione o torto perché, come avrete intuito dalla mia esposizione, è abbastanza ovvio. Il problema è che nel 2013 siamo ancora alla dicotomia fascismo e antifascismo, perché sostanzialmente esiste ancora, nel 2013, chi si definisce appunto seguace del mascellone al centro dell’ostensione di Piazzale Loreto.

Ora, trovare cause divisive in Italia è più facile che trovare preti in Vaticano, tanto per restare in argomento. Qualche esempio? Laici e cattolici. Astenuti, pensastellari, forzitalioti e piddini. Tutte le correnti del pd. Gente e ka$ta. Nord, centro e sud, ma anche regioni contro regioni, province e talvolta pure i comuni, le comunità montane, i quartieri tra di loro. Evasori fiscali e persone dotate di senso civico. Lavoratori dipendenti e tutti gli altri. Lavoratori del pubblico e tutti gli altri. Abbienti, ceto medio e poveri. Informati e disinformati. Proprietari di animali e podisti urbani. Automobilisti, possessori di carrarmati suv, ciclisti, motociclisti, pedoni e vigili urbani. Tifoserie calcistiche. Si tratta di una vera e propria parcellizzazione radicale ed esasperata della popolazione che si fa di tutto per alimentare, è la vecchia aria dei milioni di individui che danno meno problemi di una massa organizzata. Ci mancavano giusto le sigarette elettroniche e i social network a dare il colpo di grazia. No, scherzo, sono sicuro che ci saranno ancora occasioni in grado di imbruttirci ulteriormente. Chissà se alla base di tutto questo c’è proprio la madre di tutte le dicotomie che è esplosa poi con la guerra civile. Siamo teste calde, e il non aver ottenuto una giustizia all’altezza – non necessariamente vendicativa ma almeno esemplare – ci è rimasto qui.

Penso così ai tedeschi, tanto per cambiare, e a quanto sia stato possibile per loro ricompattarsi sia dopo la catastrofe bellica che dopo la riunificazione seguita alla fine dei blocchi est – ovest. Ma attenzione: l’unità di un popolo non dev’essere intesa come spinta a chiudersi in sé, rendersi autosufficienti e fottersene del resto del mondo. Quella è fuffa per esagitati nazionalisti che lascia il tempo che trova, a meno che non abbia uno spazio fintamente democratico per fare danni. Essere un unico popolo è più che altro accettare convenzioni tali che la società che ne deriva sia un bel posto in cui vivere con leggi, norme e buon senso condivisi, all’interno del quale dare il proprio meglio. Probabilmente altrove è così, e in uno stato maturo poi uno può anche coltivare con gli amici le sue passioni folkloristiche come andare a messa, venerare l’acqua del Po, frequentare sodali in camicia nera nel finesettimana o aborrire le proteine animali, ma si tratta di cose senza valore di fronte al bene comune, alla base di cui c’è il comportamento elementare che consiste principalmente nel non rompere il cazzo agli altri con le proprie manie.